Corriere della Sera, 21 aprile 1956
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Nasser ovvero: perché Bulganin e Kruscev hanno accettato di andare a Londra
Stalin non andava mai all’estero. In trent’ anni, che fu al potere, una sola volta si avventurò a uscire dal territorio russo: fu nel 1943, quando andò alla conferenza di Teheran. E, a quel tempo, la Persia era mezza controllata dai russi. I suoi successori, invece, a quel che pare, amano viaggiare. Chiunque li inviti, accettano. Si direbbe che qualsiasi Paese possa procurarsi il piacere e l’onore di una loro visita: basta che li inviti. In luglio, alla fine della conferenza di Ginevra «alla sommità» – quella dello «spirito di Ginevra» – Sir Anthony Eden, conversando con Bulganin e Kruscev, ebbe l’idea di invitarli a Londra. Non aveva finito di dire, che i due avevano accettato. Per mesi e mesi, i capi del Governo sovietico hanno fatto tutto quello che potevano per irritare, provocare e allarmare l’opinione pubblica inglese. Qualche settimana fa, il Maresciallo Bulganin ha concesso una intervista alla «Tass», in cui si dolse che «certe forze impedissero di capi sovietici di avere più larghi contatti con la popolazione inglese».
Allora Sir Anthony Eden, con tutta la gentilezza di questo mondo, ha impartito una severa lezione ai sovietici: è «improprio» che il visitatore dica al padrone di casa come debba procedere la visita; il programma era stato approvato dai sovietici: «il principale scopo della visita era quello di discutere le principali questioni, che oggi dividono il mondo».
E, tutt’a un tratto, quasi al momento dell’arrivo dei due visitatori in Inghilterra, il Governo sovietico ha cambiato maniere ed è passato ai gesti di buona volontà: uno, clamoroso e sensazionale, lo scioglimento del Cominform; l’altro non clamoroso, ma, forse, assai più importante, la dichiarazione sulla Palestina. (Il corrispondente del «Corriere della sera» dal Cairo ha telegrafato che la dichiarazione ha avuto un effetto immediato: i furori degli egiziani si sono calmati come per incanto ed è subentrato un ansioso disorientamento).
Poi, i due sono arrivati e sono cominciate le conversazioni. Le questioni da trattare non mancano: sono molte e sono gravi. Gli interessi inglesi sono da per tutto in conflitto se non con gli interessi sovietici, certo con la politica che fanno i sovietici: in Germania, nel Medio Oriente, in India, in Malaya. Da per tutto, il conflitto è acuto: nel Medio Oriente è acutissimo. Nel Medio Oriente, i sovietici hanno fatto un colpo magistrale: con poca spesa – una fornitura d’armi, che forse si sono fatti anche pagare – hanno creato un piccolo Hitler e lo hanno scaraventato come una catapulta contro le basi di quel che resta dell’impero britannico. Ecco quello che Abd en-Nasser ha fatto in pochi mesi:
– ha ottenuto le armi dalla Russia e dalla Cecoslovacchia;
– ha mandato ufficiali in Cecoslovacchia e in Polonia perché vengano istruiti;
– ha sabotato il patto di Bagdad;
– si è alleato con l’Arabia Saudita, e cosi ha potuto disporre per i suoi fini, di una parte del denaro, che re Saud riceve dagli americani per il petrolio;
– ha intrigato in Giordania contro Glubb Pascià;
– ha intrigato in tutti gli Stati arabi per isolare il Governo anglofilo e filo-occidentale dell’Iraq;
– ha aiutato i ribelli al Marocco, in Algeria e in Tunisia;
– ha fatto mostra delle nuove armi alla frontiera con Israele.
Questi, i fatti. Poi, le intenzioni. Quali sono le intenzioni di Abd en-Nasser? Il «Daily Telegraph» ha pubblicato il «piano segreto di azione», che egli avrebbe sottoposto a re Saud e al Presidente del Consiglio siriano. Obiettivi immediati: i protettorati e i possedimenti inglesi nel golfo Persico e nell’Oceano indiano. Poi: gli stranieri, che «rubano il nostro petrolio» (ossia gli americani) e i francesi in Africa. Conclusione: Abd en-Nasser è una minaccia mortale per l’Inghilterra, e i sovietici possono annientare Abd en-Nasser con un cenno. In queste condizioni, c’è largo margine per la manovra diplomatica.