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 1952  luglio 23 Mercoledì calendario

L’onesto generale Neguib che ha preso il potere in Egitto

L’Egitto è da anni fermo di fronte a due problemi: un problema interno e un  problema di politica estera. Il primo è gravissimo. Il  secondo è in gran parte fittizio, ma, nelle mani di politicanti abili e corrotti, è servito sempre a distrarre l’attenzione del  popolo egiziano dai suoi mali reali e dalle colpe o dalle  responsabilità dei suoi Governi. Il problema interno  consiste nel profondo squilibrio della società egiziana, nel  contrasto fra l’immensa povertà delle masse, che aumenta col rapido aumentare della  popolazione, e l’egoismo di una plutocrazia correttissima, che ruba sulle forniture, non  paga le tasse e si arricchisce sempre più.
Il problema di politica  estera si chiama Suez e  Sudan. Evidentemente, anche se quattro soldati inglesi  restassero ancora per qualche tempo a far la guardia al  Canale, e anche se il Sudan  rimanesse come è ora o  diventasse indipendente, l’Egitto continuerebbe a vivere come ha vissuto finora. Ma i  ministri wafdisti riuscirono a  persuadere il popolo egiziano che non avrebbe potuto più  vivere senza Suez e senza il Sudan. Essi rubavano a man salva sulle forniture, come si vide in occasione della guerra con Israele. Ma, quando si delineò il pericolo che si  chiedesse loro conto di quel che avevano fatto o, meglio, di quel che avevano rubato, si diedero a istigare e a eccitare fino al parossismo le  passioni popolari contro gli  Ebrei e contro gli Inglesi. E, per un certo tempo, tutto  andò secondo i loro voti: il  popolo egiziano, a forza di  gridare: «Morte agli Inglesi»  dimenticava di essere stato  derubato e tradito.
Ma l’esercito non lo  dimenticava: l’esercito che in  Palestina aveva dovuto  combattere con armi di legno ed era stato duramente sconfitto. Le origini del colpo di Stato odierno devono ricercarsi  negli scandali delle forniture di armi per la guerra di  Palestina, nei quali furono compromessi ufficiali anziani e fornitori. Molti giovani ufficiali si sono poi sempre  amaramente doluti del fatto che quei delitti fossero rimasti impuniti.
Il redattore diplomatico del Times, che è benissimo  informato, aggiungeva che  esisteva una inimicizia personale fra un alto ufficiale anziano (forse il capo di stato  maggiore), che si era  gravemente compromesso negli  scandali della guerra di  Palestina, e il generale Neguib.  Questi era stato ferito tre volte nella guerra di Palestina, è uomo di grande integrità  morale, e godeva di un grande prestigio fra gli ufficiali  giovani. Pare che Sirry Pascià avesse l’intenzione di  affidargli il Ministero della Guerra. Ma re Faruk, probabilmente istigato da quel tale alto  ufficiale anziano, compromesso negli scandali della guerra di Palestina, si oppose. Il gen. Neguib non diventò ministro. Ma l’episodio offese tutti gli ufficiali, che lo stimavano e avevano fiducia in lui. Cioè tutti quelli che non avevano rubato, ma avevano  combattuto.
Il primo Governo di Hilaly Pascià era, senza dubbio, il migliore e il più onesto Governo, che l’Egitto avesse avuto da molti anni a questa parte. Esso intendeva condurre una lotta a fondo contro la corruzione, intendeva fare inchieste sulle evasioni fiscali e sul modo in cui certe enormi fortune erano state messe insieme, intendeva fare processi e mandare in galera. Naturalmente queste sue intenzioni e questi suoi a programmi allarmarono  potenti interessi. Un intrigo di palazzo mise fine al Governo di Hilaly Pascià e alle sue oneste intenzioni.
Il successivo Governo, quello di Sirry Pascià, fu accolto con freddezza e con diffidenza dall’opinione pubblica e dalla stampa e soprattutto dall’esercito. Si sapeva che esso avrebbe messo a tacere le inchieste e avrebbe fatto del suo meglio per far  dimenticare gli scandali. E infatti Nahas Pascià, il capo del partito wafdista, e Sarag ed-Din Pascià, il segretario,  partirono per un viaggio di piacere in Europa. Evidentemente, non avevano niente da  temere dal nuovo Ministero. Ma il Governo di Sirry  Pascià durò pochi giorni. «La sua impopolarità – scriveva il redattore diplomatico del Times – unita alla crescente disaffezione dell’esercito ha fatto capire a re Faruk che l’Egitto sarebbe potuto ben presto cadere in potere dei militari se egli non avesse chiamato Hilaly Pascià». Queste parole hanno preceduto di poche ore il colpo di Stato. Evidentemente, la  minaccia di un pronunciamento era nell’aria, e il re cercava di pararla, chiamando di nuovo al potere Hilaly Pascià: ma ormai era troppo tardi. Il secondo Governo Hilaly Pascià è durato un giorno.
Probabilmente, ma qui non faccio che una congettura, il colpo di Stato era stato preparato e organizzato contro il precedente Governo, quello di Sirry Pascià. La macchina era montata, ed è scattata, benché il Governo fosse cambiato. Forse, e anche qui non faccio che una congettura, ha contribuito a render vano il tentativo di pacificazione il fatto che il re imponesse il cognato, il colonnello Ismail Scerin bey, al posto di  ministro della Guerra.  Probabilmente il re, con questo, volle dimostrare il suo  interessamento per l’esercito. Ma lo avrebbe dimostrato molto meglio se, a suo tempo, avesse lasciato punire coloro che avevano tradito l’esercito, o se, più tardi, avesse lasciato andare al Ministero della Guerra l’uomo in cui  l’esercito aveva fiducia.
Ora, Neguib ha annunziato il suo programma: ritorno  alla vita costituzionale ed eliminazione degli elementi  corrotti dall’esercito. Dalla vita  politica? Dal Paese? Possibile che intenda eliminare gli  elementi corrotti solo  dall’esercito? E valeva la pena di far tanto rumore solo per  mandare via qualche diecina di generali o di ufficiali del  Commissariato? Ma,  probabilmente, Neguib ha parlato solo  dell’esercito per dimostrare che non intende «interferire  negli affari politici del Paese». Al resto deve” provvedere il Primo ministro che egli ha imposto: Ali Maher Pascià. E auguriamo successo a tutti e due. Ma è molto più facile  fare un colpo di Stato, anzi, farne dieci, che guarire un Paese dal cancro della corruzione.