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 1976  agosto 04 Mercoledì calendario

Qui Sarzana, vi parla la nuova società

La comune agricola è in costruzione dalle parti di Castelnuovo Magra, sopra la grande villa rosa dei Malaspina. Uno dei padri fondatori, il Bruno Musso, mi fa entrare in quella che sarà la sua casa, saliamo al piano alto e siccome osservo due aperture laterali dice subito: «Questo è il camminamento superiore, collega tutte le case, può servire in caso di assedio». «Di assedio?». «Hai notato? – dice – come sia difficile, da qualche tempo, distinguere fra lo scherzo e la paura? Dire assedio fa sorridere, ma dire arancia meccanica (1) non fa sorridere, fa paura. La violenza aumenterà sicuramente nei prossimi anni. E poi come si vive in certe campagne americane? Con le porte blindate e i fucili».
Usciamo sul terrazzino, la valle del gruppo autosufficiente a cui Bruno Musso, di professione armatore, pensa da molti anni digrada verso la piana del Magra così come si ritrova dopo dieci anni di abbandono; vigna inselvatichita, erbacce, ciuffi di canne, cisterne coperte dai rampicanti. «I rovi – dice lui – coprivano gli alberi, abbiamo dovuto tagliarli con la sega a elica». «Ma tu non pensavi a una comune di mille persone?». «Sì quella è la dimensione giusta, però mi sono detto: se aspetto di trovare i mille muoio in città, meglio cominciare con quelli che trovo. Ho messo gli annunci sui giornali, ho avuto centinaia di incontri, scritto non so quante lettere. Sai, quasi tutti pensano a un gioco da fine settimana. Io non escludo la componente giocosa, penso che il nuovo modo di produrre debba ritrovare quel piacere di produrre che è stato della borghesia nascente. Però deve esserci un impegno serio, i soci devono avere qui la loro residenza stabile».
Bruno Musso ha pochi amici: ha perso quelli che aveva negli anni in cui si occupava di economia e di politica; aveva poco o niente da dire a quelli che ha conosciuto in una professione accettata un po’ per necessità e un po’ per scommessa. E poi non è facile stargli dietro: è uno che va in Corsica su una canoa e l’anno dopo ci riprova su una tavola a vela. «Mi fa un curioso effetto che tu sia qui – dice – e che si parli di questo mio progetto. Sono anni che ho rinunciato a parlare con gli amici di un tempo, mi sono accorto che non mi capiscono più, che mi guardano come un pazzo. È molto difficile convincere il prossimo che si può, anzi si deve essere razionalisti e utopisti, al tempo stesso, che si può chiudere i conti in pari nel presente e guardare nel futuro. Non è facile, si capisce: si può fare la cosa giusta nel tempo sbagliato. Quando ho ordinato la prima nave a container gli altri armatori ridevano. Poi avendo più soldi di me ci si sono buttati sopra e mi hanno messo in un angolo. Ma parliamo della Comune. Partiamo con sei famiglie e un capitale sociale che ci permetterà di tornare all’agricoltura ma con la tecnologia moderna. La tecnologia non è reazionaria e borghese in sé, è uno strumento». «Pensi che riuscirete?». «Sono tranquillo: nel migliore dei casi sarà una sperimentazione, un modello; nel peggiore ci saremo fatti una piccola casa di campagna».
I soci della Comune sono del tipo angelico: un impiegato sardo con la moglie professoressa; un elettrotecnico che ha sposato una olandese; un intellettuale genovese in fuga da Genova; un commercialista che cerca il giusto mezzo fra le buone parcelle e Rousseau. Forse sanno poco della filosofia del Musso, forse ciascuna famiglia ha la sua storia di solitudine e di frustrazione; ma il movente è il medesimo, quello che negli Stati Uniti riporta già all’autoproduzione di gruppo grandi minoranze: prepararsi in qualche modo al tempestoso crepuscolo della società industriale.
Bruno Musso ci ha riflettuto a lungo. «La borghesia – dice – arriva al potere dopo aver preparato il suo quadro istituzionale e produttivo: le aziende, la loro specializzazione, il sistema bancario e la divisione dei poteri. Se siamo convinti che la borghesia produttrice ha fatto il suo tempo dobbiamo pensare a creare un nuovo modo di produrre dentro un nuovo quadro istituzionale e sociale, se no continuiamo a restare nella mistificazione attuale in cui i borghesi, per tener dietro alle loro contraddizioni, giocano tutti i ruoli, del padrone e dello sfruttato, del conservatore e del rivoluzionario perché tutto cambi affinché nulla cambi».
«Già – gli dico – siamo una borghesia di travestiti. Noi dei giornali arriviamo a inventare un conflitto di classe inesistente. I giornali perdono miliardi da anni e noi imperterriti continuiamo a fare titoli sul «duro attacco degli editori» o sulle infami «concentrazioni capitalistiche». Per noi capitalista e sfruttatore sembra uno a cui chiediamo di non contare niente mentre ci paga i debiti. Diciamo un fantasma». «Di fantasma così – dice lui – ce n’è in tutte le professioni e ormai dovremmo essere persuasi che i finti conflitti di classe e le finte rivoluzioni si risolvono sempre allo stesso modo, all’Est come all’Ovest, nel primo come nel terzo mondo: il potere ha una nuova classe che è poi sempre la stessa classe con lo stesso modo di produrre».
Hanno preparato la tavola sotto una tettoia al riparo di canne. I pomodori, i peperoni e il basilico vengono già dalla valle dell’Eden autosufficiente. Il vino no, ma è vino locale lo hanno comperato a Castelnuovo «Che te ne sembra?» chiede la Carla Musso. «Orrendo» le dico. «Eppure frizza» dice lei spiritosa. «Anche la gazzosa frizza». Poi chiedo al Bruno: «Senti, se risultasse confermato che queste terre producono solo gazzosa bianca consentiresti a uno scambio fra vino delle Langhe e pomodori di Castelnuovo?». «No mi spiace non è possibile, se no si rimette in moto il meccanismo della produzione specializzata». «Allora mi consentirai di scegliere una comune nelle Langhe o nel Friuli». La moglie olandese dell’elettrotecnico mi guarda con sospetto: Bruno Musso deve averla convinta che il bianco di Castelnuovo è il migliore dei bianchi possibili. Del resto se uno non possiede un po’ l’arte del plagio che fondatore di società nuove è?

Note: (1) Il romanzo Arancia meccanica di Anthony Burgess racconta la storia di un teppista che si rende protagonista di ogni sorta di efferatezze. Quando viene catturato dalla polizia, diventa a sua volta vittima di una violenza inaudita: per «estirpargli» l’aggressività, infatti, gli agenti lo sottopongono ad una serie di torture «scientifiche», al termine delle quali l’ex-teppista si sarà trasformato in un essere del tutto innocuo. Dal libro fu tratto nel72 un film diretto da Stanley Kubrick e interpretato da Malcom McDowell, Patrick McGee, Adrienne Corri e Michael Bates.