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 1976  giugno 18 Venerdì calendario

Sentenza numero 1 «Sono innocenti»

Sei ore dopo le otto votazioni con cui lo scandalo Lockheed è stato insabbiato nella commissione Inquirente, alla vigilia delle elezioni, da una maggioranza composta dai nove democristiani, il socialdemocratico Alessandro Reggiani e (con qualche tentennamento) il liberale Balbo, anche Maria Fava è stata liberata: la sua scarcerazione è stata votata in coda, all’unanimità, dopo la raffica di verdetti con cui Mario Tanassi, Luigi Gui e Mariano Rumor sono stati posti in salvo non solo da un improbabile arresto, ma anche da nuove comunicazioni giudiziarie.
Tutti i commissari hanno abbandonato Roma all’alba per raggiungere i rispettivi collegi. Prima di partire il relatore comunista Francesco D’Angelosante, che si è battuto con molta grinta, cedendo anche a qualche impulso di rabbia nell’ultima ora del rovente dibattito, ci ha rilasciato questa dichiarazione: «Il voto di stretta maggioranza con il quale l’Inquirente ha impedito che si facesse giustizia è riprova di una concezione faziosa del potere e una conferma di omertà fra i responsabili della degradazione politica e morale alla quale è stato trascinato il paese».
Abbiamo chiesto a D’Angelosante quali previsioni possa fare sul lavoro della commissione che verrà insediata dal nuovo Parlamento: «Noi contiamo che il risultato elettorale», ci ha risposto, «modificherà i rapporti di forza anche all’interno dell’Inquirente, trasformandola da strumento che insabbia ed elude in organismo di giustizia capace di punire i responsabili e restituire prestigio alle istituzioni».
Luigi Gui, sollevato e raggiante, ha affermato che «appurata la verità, verrà anche il momento di perseguire i millantatori e i calunniatori, perché è ora che finisca questo costume ignobile di infangare impunemente».
Se per Gui a questo punto il problema è quello di colpire gli accusatori, il tutore di Tanassi, Alessandro Reggiani (che è anche vicepresidente della commissione) vorrebbe che il principale testimone a carico del suo compagno di partito, l’amministratore della Lockheed William Cowden, venisse messo in galera: «Cowden è un sicofante, un mascalzone e un corruttore», ci ha dichiarato, «dovrebbe essere arrestato per quello che ha fatto e per quello che ha detto: invece le sue parole sono state prese per oro colato».
Mariano Rumor per tutta la notte ha atteso nel suo studio che Benigno Zaccagnini gli ordinasse di presentarsi alla commissione, nella veste di testimone volontario: Giovanni Galloni si è sempre mantenuto nei paraggi di via della Missione e in costante contatto col presidente Angelo Castelli al quale è stato imposto un brusco cambiamento di posizione: su istruzione di Zaccagnini ha dovuto farsi paladino della nuova tesi secondo cui la Dc pretende «immediatamente» la seduta pubblica, davanti alle telecamere, con i documenti alla mano.
«È una provocazione e un imbroglio» hanno gridato sia D’Angelosante che Ugo Spagnoli, quando il dc Padula se ne è uscito con questa proposta. E Michele Zuccalà, socialista, ha gridato: «Con questo sistema voi democristiani pretendete di presentarvi all’ultima ora come i fautori della verità immediata, mentre sapete benissimo che per fare questa seduta pubblica occorre la preventiva autorizzazione degli americani e, bene che vada, con tutta la trafila fra i due ministeri della giustizia, quello degli esteri e l’ambasciata, passeranno almeno dieci giorni: in questo modo scavalcate i giorni delle elezioni e affossate tutto».
Alfredo Pazzaglia, missino, aveva chiesto che si votasse l’arresto anche di Luigi Gui: contro la sua proposta hanno votato tutti. «Non importa», ha detto, «l’importante è che si sappia che se Tanassi è colpevole di aver incassato le tangenti della Lockheed, Gui è colpevole di averle trattate e accettate».
Mentre nell’auletta si recitava la grande sceneggiata, il segretario di Zaccagnini passeggiava nervosamente in via degli Uffici del Vicario: Umberto Cavina ha detto che Zac ne ha le tasche piene «di un certo settore della Dc, gente che sputtana il partito e che mette in crisi la sua immagine esterna». E allora perché vi opponete all’immediato accertamento della verità? «Perché per accertare la verità bisogna disporre delle prove, sennò facciamo la caccia alle streghe». Potevate chiederle prima e risolvere il caso Lockheed prima delle elezioni, se volevate fare bella figura. «Prima era impossibile, abbiamo fatto quel che si è potuto... qui si vuole il linciaggio della Dc».
La Dc intanto si difendeva con molta efficacia dal preteso linciaggio: dopo ore di laboriose trattative Castelli era riuscito a recuperare in extremis il liberale Balbo, un farmacista anziano che sa non di non essere più rieletto. È stato letteralmente catapultato nell’aula dell’Inquirente e messo alla macchina del voto. Il piano era stato congegnato nella trattoria «Da Ezio», in via degli Uffici del Vicario, a trenta metri dagli ingressi dell’Inquirente. A una tavola rotonda del primo piano Giovanni Galloni aveva riunito, durante una pausa, i suoi nove democristiani, mentre Alessandro Reggiani dalla sede del suo gruppo telefonava a Tanassi. Galloni ha detto: «A questo punto bisogna metter fine a questa storia: se seguitiamo a discutere arriviamo alle elezioni con i nomi di Gui e Rumor sulle prime pagine dei giornali; Adesso basta: entro stanotte Zaccagnini vuole il voto: si dia un taglio».
Lisi, un deputato dc che ha sempre manifestato scarso spirito di disciplina è esploso: «Ma dite a Rumor di venire qui e di piantarla con questa pantomima delle lettere e dei comunicati! Venga e dica di essere innocente: faccia la persona seria». Galloni si è stretto nelle spalle.
Quando i nove sono rientrati a tarda sera nell’aula, tutti i giochi erano fatti. «Possiamo permetterci solo una defezione», ha mormorato Castelli salendo i gradoni dell’ingresso, «male che va siamo dieci contro dieci: in questo caso niente di male, il mio voto vale doppio».
All’alba Castelli ha fatto una dichiarazione davanti alle telecamere: «La Dc vuole la verità». Un metro più in là, Ugo Spagnoli diceva a mezza voce: «Ma stai zitto, buffone».
Mariano Rumor ha fatto la seguente dichiarazione: «Non avendo nulla da nascondere, chiedo di essere sentito dalla commissione Inquirente in seduta pubblica, purché ciò non costituisca, per qualsiasi motivo, causa di ritardo o di rinvio».