Dieci anni di Repubblica, 25 febbraio 1976
Per insabbiare faccio così
Questo è il resoconto di un’intervista con l’onorevole Angelo Castelli, presidente della Commissione Inquirente, e della sua imprevista e burrascosa conclusione. Poiché l’incontro ha avuto dei toni farseschi, così lo descriveremo.
La scena è una stanza al primo piano del palazzo dei gruppi parlamentari, in Via della Missione 1. Sono le cinque del pomeriggio di martedì 24 febbraio. A un tavolo si sono appena seduti il giornalista e il deputato.
GIORNALISTA: La ringrazio per aver voluto concederci un’intervista. Perché non nascano equivoci, ho portato con me un registratore...
CASTELLI: Ah, no. Prendiamo una stenografa e facciamo stenografare. Le darò una copia dello stenoscritto.
G.: D’accordo.
(Si manda a chiamare una stenografa. Quella chiamata è andata a un rito funebre. Arriva una sostituta che preannuncia di essere poco veloce. Il giornalista le presta allora il registratore, che potrà tenere a fine intervista, per aiutarsi nei punti oscuri. Per vecchia precauzione, il giornalista mette il taccuino sul tavolo e comincia, contemporaneamente, a prendere appunti).
G.: Onorevole Castelli, il mio giornale e lei, a proposito del funzionamento della sua Commissione, sono su posizioni opposte: noi pensiamo che la Commissione non abbia mai fatto il suo dovere, che è quello di mandare sotto processo i ministri presunti colpevoli di qualche reato. Lei, probabilmente, la pensa diversamente.
C.: Le mie risposte, in parte, la sorprenderanno. Anch’io penso che la Commissione potrebbe funzionare meglio: se ciò non avviene è perchè, quando la Commissione venne istituita, la situazione era completamente diversa, né erano ancora emerse le esigenze dell’opinione pubblica.
G.: Perché, così com’è, la Commissione funziona male?
C.: Anzitutto perché nella Commissione manca un organo che si assuma il carico della pubblica accusa, e questo è molto importante ai fini dell’accertamento della colpevolezza.
G.: Non crede che ciò avvenga perché nella Commissione, si è adottato il principio che una mano lava l’altra?
C.: Lo escludo in modo radicale. Contro la Commissione si è lanciato lo slogan delle avocazioni... mai avocato un caso! Dopo la Montedison, non è mai stato avocato nulla! (1).
G.: Scusi, una distinzione: l’opinione pubblica non è contro l’istituto dell’avocazione. È contro la sua trasformazione in istituto dell’insabbiamento...
C.: Prenda il caso Montedison: la Corte Costituzionale ha riconosciuto la competenza della magistratura ordinaria, quindi, se non si va avanti, se la prenda con il giudice ordinario...
G.: E l’inchiesta sui fondi distribuiti dai petrolieri?
C.: Ci saranno prestissimo delle novità, tra stasera e giovedì.
G.: E quanto tempo fa avete aperto il procedimento?
C.: (dopo varie tergiversazioni). Ci avviciniamo al biennio.
G.: Come mai il presidente Pertini, se la Commissione funziona tanto bene, le ha scritto la recente lettera, molto critica?
C.: Prego rileggere la lettera, soprattutto il secondo paragrafo. È destituito di ogni fondamento che non si sia operato...
G.: E l’Anas?
C.: Non c’è mai stata polemica per i ritardi della magistratura ordinaria. La Commissione non è più lenta!
G.: Tuttavia, lei stesso auspica innovazioni... Che cosa vuole fare?
C.: È questione di giorni: il mio partito presenterà un progetto di legge per migliorare tutto. In particolare, per introdurre un organo di accusa; per consentire al Parlamento di riguardare le decisioni; per diminuire la segretezza intorno ai lavori.
G.: Lei è presidente della Commissione dal dicembre 1974: quanti procedimenti ha mandato a conclusione?
C.: Ma figuriamoci! Intanto, ci sono decine di procedimenti manifestamente infondati, per esempio ministri accusati di traffico di droga. Quelli che abbiamo archiviato, l’Unione Consumatori e l’olio di colza, anche la magistratura ordinaria ha giudicato come noi.
G.: Quali sono i grossi procedimenti pendenti?
C.: L’Anas, i petroli, i superburocrati. (2)
G.: A che partiti appartengono i ministri implicati?
C.: (dopo varie tergiversazioni). Sono democristiani, socialisti e socialdemocratici. Certo, i partiti che non sono stati al governo, non hanno ministri sotto accusa, ah, ah.
G.: Chi ha criticato il vostro comportamento?
C.: La sinistra ha criticato molte decisioni, altre le ha criticate la destra. Lo strumento tecnico non è asettico...
(Seguono alcune battute su che cosa sia lo strumento tecnico e perché non sia asettico).
G.: Ma insomma, Pertini perché ha chiesto riunioni più frequenti? Avrà avuto buone ragioni, no?
C.: Dipende dai periodi. La Commissione funziona sul principio delle tre riunioni settimanali, poi capita che vengano sconvocate, o perché manca il numero legale o per altre buone ragioni... Signorina, mi vuol portare un bicchier d’acqua?
La stenografa si alza e esce. Castelli: «Ma qui, lei ha da scrivere tanto». Giornalista: «Sì, ma è un’intervista normale, si sintetizza il pensiero». Castelli: «Allora lei mi deve far vedere il testo». Giornalista: «Non ci penso neppure: lei ha registratore e testo stenografico, se riassumo male, mi smentisca». Castelli, alla segretaria rientrata: «Signorina, prenda il nastro, lo porti alla guardia di finanza qui fuori, lo faccia cancellare»: e comincia a fissare l’interlocutore in silenzio. Giornalista, parendogli l’intera vicenda grottesca e buffa: «Lei si sta comportando in modo offensivo: faccia come crede, io ricostruirò l’intervista sul taccuino». «E io la smentisco prima che lei pubblichi». Giornalista, sempre serissimo anche se con grande sforzo: «Non abbiamo più niente da dirci, arrivederci».
In serata viene diffuso un comunicato dell’on. Castelli in cui il rifiuto di un giornalista di far sottoporre a censura preventiva un articolo viene definito «stravagante». Povera Inquirente.
Note: (1) Allusione all’inchiesta sulle sovvenzioni concesse dalla Montedison ai partiti mediante il ricorso a fondi neri. Destò scandalo il fatto che la commissione Inquirente avocasse a sé le indagini aperte dal giudice istruttore Squillante. (2) Progetti Anas per decine di miliardi erano stati appaltati, contrariamente alla legge, a dei privati. Lo scandalo coinvolse gli ex ministri dei Lavori Pubblici Lorenzo Natali, democristiano, e Giacomo Mancini, socialista, sospettati di aver favorito uno studio amico nell’aggiudicazione dei lavori. Entrambi furono poi prosciolti dall’Inquirente.