27 marzo 1957
Un piano di sette anni per modernizzare l’Iran
«[...] Una cosa che si apprende con stupore quando si viene in questa pittoresca capitale ai piedi dell’Elburz è che non esiste possibilità di ripartire in ferrovia. Da Bagdad, facendosi scombussolare per dieci giorni, si può, volendo, raggiungere Milano: da Teheran no. E nessuno dei Paesi con cui la Persia confina; non l’Iraq, non la Turchia, non l’Unione Sovietica, non l’Afghanistan, non il Pakistan. Ferroviariamente è isolata dal mondo. Una linea di somma arditezza, costruita anche col sudore di operai italiani, scavalca la nevosa catena dell’Elburz, alta più di seimila metri, per terminare a Bandar, sul Caspio, però sempre in territorio iraniano. Durante la guerra si credeva che i massicci rifornimenti bellici degli alleati alla Russia da Bassora nel Golfo Persico, dove sbarcavano, proseguissero per rotaia sino a Tabriz e oltre. Invece no: arrivavano in treno soltanto fino a Mianeh, che è nell’Azerbaijan, e di là continuavano per rotabile [...]»
Leggi qui tutto l’articolo di Cesco Tomaselli per il Corriere della Sera