20 agosto 1953
Mossadeq si è consegnato da sé, lo Scià non intende giustiziarlo
L’abitazione di Mossadeq ha riservato molte sorprese agli insorti che l’hanno conquistata ieri dopo parecchie ore di assedio: era munita di muri in calcestruzzo, di nidi per mitragliatrice e di piastre corazzate, sicché la sua lunga resistenza non appare più un fatto straordinario.
Si sono appresi a tarda ora alcuni particolari sull’arresto di Mossadeq. Pallido, magro, in grado a mala pena di camminare, Mossadeq è giunto stasera in una limousine nera davanti al Club degli ufficiali, in cui Zahedi ha costituito il suo quartier generale e la sede provvisoria del Governo. Mossadeq aveva ascoltato a una radio, durante la sua breve latitanza, l’intimazione di Zahedi, che gli dava 24 ore per consegnarsi alle autorità, e il telegramma dello Scià che raccomandava di proteggere la sua vita
Come un anno fa, quando fuggi a un altro attacco di manifestanti alla sua abitazione, Mossadeq era in pigiama. Tuttavia egli ha saputo mantenere un contegno dignitoso. Nei corridoi del Club erano schierate le guardie del corpo di Zahedi, che hanno salutato militarmente l’ex-ministro: Mossadeq, con mano stanca — era visibilmente sfinito —, rispondeva al saluto. Zoppicando egli ha raggiunto la sala in cui Zahedi lo attendeva. Il colloquio fra i due è stato abbastanza lungo. Poi Mossadeq è stato trasportato in un luogo di custodia che viene tenuto rigorosamente segreto.
Questa sera Hussein Fatemi veniva dato ancora ufficialmente come disperso, ma riprendevano a circolare con insistenza le voci secondo cui la notizia della sua morte nei tumulti di ieri sarebbe esatta, si tratterebbe solo di identificare il suo cadavere fra i molti corpi irriconoscibili che testimoniano della violenza e della ferocia della breve battaglia di ieri. Si attende per domani l’arrivo dello Scià, al quale Zahedi sta preparando accoglienze trionfali