17 agosto 1953
A Teheran un consiglio di reggenza sostituisce lo Scià (che non intende abdicare)
Il ministro degli Esteri iraniano, Hussein Fatemi, ha dichiarato oggi che il Governo di Mossadeq, riunitosi stamane, sta convocando un consiglio di reggenza — con l’esclusione dei membri della famiglia reale — per incaricarlo dei compiti spettanti allo Scià, fuggito all’estero. Egli ha poi aggiunto che il Governo non ha alcuna intenzione di dichiarare la Repubblica nel Paese, anche se molti cittadini, fedeli di Mossadeq stanno manifestando tuttora, chiedendo appunto l’abolizione della monarchia. Il ministro degli Esteri ha inoltre reso noto di aver dato subito istruzioni all’ ambasciatore iraniano a Bagdad perché eviti qualsiasi contatto con ti sovrano iraniano in esilio e con sua moglie. Pertanto — secondo quanto si apprende da Beirut — quando questa mattina lo Scià ha chiesto un colloquio all’ambasciatore persiano per «chiarire alcune questioni», il colloquio gli è stato rifiutato. Da parte sua lo scià di Persia — secondo quanto si apprende da buone fonti — ha fatto sapere che non ritornerà a Teheran, a meno che Mossadeq non obbedisca ai suoi ordini, lasciando il posto al maggior generale Fasulla Zahedi, da lui nominato Primo ministro. Lo scià non ha abdicato e non intende — dicono tali fonti — abdicare; egli rimarrà per il momento nell’Iraq unitamente alla consorte, come ospite del Governo. Lo scià avrebbe anche espresso il desiderio di trasferirsi in un secondo tempo in Italia. Gli avvenimenti di ieri dimostrerebbero che anche gli Stati Uniti hanno subito una grossa sconfitta perché l’opinione pubblica è convinta che Washington abbia fatto di tutto per sostenere e appoggiare lo Scià contro Mossadeq. Il Niroye Sevom che riflette generalmente il punto di vista governativo, scrive: «I frequenti viaggi della principessa Asrhaf e del generale americano Schwarzkopf indicavano che qualche cosa si andava tramando sulla scena politica a danno del coraggioso popolo iraniano. Gli organizzatori del complotto si sono appoggiati, fin dal principio, sulle promesse del Presidente Eisenhower e di Winston Churchill. Gli Americani pensavano di poter vincere giocando la carta dello Scià contro il popolo iraniano».