Dieci anni di Repubblica, 1 dicembre 1979
Breve cronaca di un’audizione
Melega (deputato radicale): Lo scopo principale di questa audizione e di sapere se le tangenti sono andate o no ad uomini politici italiani. Altre cose di questo affare sono importanti. Ma noi siamo qui oggi ad interrogarla soprattutto perché c’è questo sospetto. Lei quindi deve rispondere, non può rifiutarsi.
Mazzanti (presidente dell’Eni): Sono qui per rispondere.
Melega: Lei ha detto, leggo dalla relazione che ci ha portato: «Fin dall’inizio, prima ancora che il contratto per il petrolio fosse firmato, abbiamo avuto la sensazione di un vivo interesse su questa trattativa da parte di diversi ambienti». Questa sera, anche se con difficoltà, ci ha detto che giravano offerte di mediazione da parte di due o tre ambienti italiani, con percentuali anche superiori al 7 per cento. Lei è stato contattato da Riccardo Raciti, titolare della Mefit Consulting Engineering, interessato alla realizzazione della moschea di Roma, che dice di parlare a nome del ministro saudita Yamani?
Mazzanti (riflette un attimo): Non io, Barbaglia (è il presidente dell’Agip, n.d.r.). Però bisogna stare attenti a tirare in ballo Yamani.
Melega: Oltre a Raciti, chi ancora si offrì di mediare e fu da voi respinto perché non volevate avere a che fare con italiani?
Mazzanti: Facevano capo tutti a Raciti.
Melega: Tra coloro che le hanno offerto i loro servizi c’è stato il colonnello dei carabinieri Giovannoni?
Mazzanti: No.
Melega: Lei è stato contattato da un certo signor Beniamino Mack?
Mazzanti: Sì, è venuto quattro o cinque giorni dopo Raciti. Mi ha rimproverato di non aver preso in considerazione l’offerta di quest’ultimo.
Melega: Come mai lei si fa rimproverare? Anzi, come mai il presidente dell’Eni riceve personaggi con cui ritiene di non aver nulla da fare? Le risulta che il signor Mack sia titolare di aziende finanziarie collegate con il Partito Socialista?
A questo punto il parlamentare radicale è interrotto da una mezza bagarre. Il deputato socialista Labriola urla contumelie. Il presidente La Loggia non consente che si tocchi più il tema: «Trattasi di argomento del tutto estraneo all’ordine del giorno». Sono le due della notte tra giovedì e venerdì.
I deputati della commissione Bilancio della Camera interrogano i ministri Lombardini e Stammati e il vertice dell’Eni quasi ininterrottamente dalle 10 di mattina, ma non sono stanchi. Lo scambio Melega-Mazzanti li convince anzi, che forse è il momento di tirar fuori dalla discussione qualcosa di concreto. Il dibattito continuerà ancora due ore, con punte di acceso interesse.
L’argomento all’ordine del giorno sono le tangenti pagate dall’Eni a un ignoto mediatore per comprare il petrolio saudita. Di questa concitata e forse «storica» audizione, che si è svolta a porte chiuse, non esiste purtroppo un resoconto stenografico. Alcuni deputati l’avevano chiesto, ma il presidente della commissione, La Loggia, comunica che la presidenza della Camera, già investita di tale problema, «non ha ravvisato di accogliere la richiesta». Tuttavia sulla base del resoconto sommario della riunione pubblicato dalla Camera, e degli appunti di alcuni parlamentari, siamo in grado di offrire una ricostruzione abbastanza fedele dei momenti di maggior rilievo.
L’importanza dell’audizione sta, secondo molti parlamentari di varie parti politiche, nel fatto che ne è emersa un’esigenza non più contestabile di andare al fondo della questione, stanti i gravi contrasti emersi fra i dirigenti dell’Eni: Mazzanti e Sarchi (direttore per l’estero) da una parte, Di Donna (direttore finanziario) dall’altra. Lo scontro è avvenuto dopo l’incidente fra Melega e Labriola, sul tema contestato della garanzia (erroneamente, pare, definita fidejussione), concessa al mediatore dalla Tradinvest, una finanziaria estera dell’Eni.
Servello (Msi): Dottor Di Donna, abbiamo agli atti una sua lettera da cui risulta che lei si opponeva a questa garanzia supplementare concessa alla Sophilau, dopo quella già prevista dal contratto Agip-Sophilau.
Di Donna: Ero contrario perché nella sua prima formulazione questa seconda garanzia sarebbe stata incondizionata, irrevocabile e globale: la Tradinvest avrebbe dovuto pagare la mediazione anche nel caso che l’Agip non ritirasse più il greggio. Il contratto di garanzia poi è stato subordinato alla consegna del greggio. Ho chiesto una autorizzazione espressa del presidente dell’Eni perché, per ottenere la garanzia della Tradinvest dovevo investire il consiglio d’amministrazione della finanziaria, e questo esorbitava dai miei compiti.
La Malfa (Pri): Chi ha promesso, o concesso, questa garanzia? Esistono delle divergenze fra quanto ci ha detto Di Donna e quanto ci ha detto Sarchi.
Di Donna: Ne ho avuto conoscenza il 4 luglio, in un colloquio a Ginevra con un alto funzionario della Banca Pictet, il signor Hegger, rappresentante del mediatore. Dovevamo mettere a punto gli aspetti tecnici dell’operazione, e cioè dare una garanzia suppletiva tramite una banca internazionale. Ho tentato di convincere il signor Hegger a recedere dalla richiesta. Mi ha risposto che tale potere esorbitava dal mandato ricevuto dal suo cliente. Di ritorno suggerii al presidente Mazzanti che la garanzia fosse direttamente fornita da una finanziaria dell’Eni. Ho poi ricevuto istruzioni che mi rendevano convinto della legittimità dell’affare. La trattativa di merito sulla garanzia è stata però condotta da Sarchi.
Sarchi: Il problema della garanzia bancaria mi è stato posto il 24 o il 25 giugno. Non ricordo di aver dato un assenso, ho fatto da tramite per gli organi competenti.
Interviene a questo punto il socialista Forte, chiedendo chi aveva assicurato il «pre-contratto» alla Sophilau sulla garanzia.
Mazzanti: Non conosco alcun precontratto di garanzia. Ho saputo di queste richieste la prima volta quando Di Donna è tornato dalla Svizzera.
Di Donna (interrompendo): Hegger mi ha detto di essere in possesso di un affidamento, sulla base di un precontratto.
Mazzanti: Ribadisco che nessun contratto era stato realizzato prima dell’incontro Hegger-Di Donna...
Di Donna:... Hegger non aveva alcun interesse a dirmi una bugia.
Mazzanti: Nessun pre-contratto sulla garanzia. Ne ho saputo da Di Donna.
Di Donna: Certo, non si può parlare di un pre-contratto, era un contratto a tutti gli effetti. C’era stata un’offerta dell’Eni immediatamente accettata dalla controparte. Quando parlai con Hegger, il negozio risultava valido e operante. Quando tornai da Ginevra, presumibilmente il 5 luglio, espressi le mie perplessità a Mazzanti, in un colloquio al quale era presente Sarchi. Il presidente e Sarchi dimostrarono, anche se in buona fede, di sottovalutare il problema, ma ancora in quest’occasione si tentò di trovare una soluzione meno vantaggiosa per l’Eni.
Una mezza bomba, insomma. L’opportunità che l’Eni desse questa seconda garanzia è rimasta per i parlamentari l’aspetto più torbido dell’intera vicenda. Anche se Di Donna in precedenza aveva confermato che la garanzia vale a mano a mano che il greggio è ritirato, e non per l’intera operazione. E anche se Mazzanti, interrogato da Labriola, aveva escluso che la garanzia potesse essere passata allo sconto. «Può essere scontato il contratto di mediazione Agip-Sophilau», ha specificato Mazzanti, «ma a condizione che di ciò venga preventivamente informata l’Agip. L’Agip non ha ricevuto comunicazioni del genere». Sull’ipotesi che la garanzia coprisse subito l’intero ammontare della provvigione (circa 116 milioni di dollari ai prezzi odierni del petrolio saudita e che la garanzia stessa fosse stata scontata) si è basato principalmente il sospetto che dietro ci fosse un imbroglio.
Un altro aspetto oscuro della vicenda Tradinvest è stato rilevato da Melega. In un verbale della Tradinvest accluso alla documentazione fornita dal governo, redatto in inglese, il deputato radicale ha trovato una richiesta da parte della finanziaria all’Eni di una provvigione da comprendersi fra lo 0,12 e lo 0,25 per cento della garanzia. Di Donna ha risposto che la richiesta effettivamente c’è, ma che è una cosa in famiglia. Melega ha eccepito che però in questo modo si trasferiscono dei milioni, forse dei miliardi. Di Donna ha convenuto: «L’Agip», ha detto, «contesta la richiesta: non ci devono essere provvigioni all’interno dello stesso gruppo».
Fino a tarda notte i lavori della commissione erano andati avanti senza novità apprezzabili. I responsabili dell’Eni si erano più volte rifiutati di fare nomi, soprattutto quello dell’intermediario. Molti parlamentari hanno menzionato l’iraniano Parviz Mina, Mazzanti si è limitato a ripetere che il nome l’ha fatto al magistrato. Sarchi ha detto di aver conosciuto Mina, pur senza avere rapporti eccezionalmente stretti con lui, quando lavorava in Iran, ma nulla di più.
La questione dei mediatori «volontari» era stata sollevata nel primo pomeriggio dal comunista Gambolato e, indirettamente dal socialista Cicchitto. Al parlamentare comunista, Mazzanti aveva specificato che questi mediatori si erano presentati all’Eni prima e non dopo la conclusione del contratto. Cicchitto aveva chiesto a Mazzanti e al ministro delle Partecipazioni Statali, Lombardini, come mai ci fossero degli «omissis», nei verbali della giunta esecutiva dell’Eni forniti alla commissione. Mazzanti aveva risposto di non saperne nulla. Lombardini aveva eccepito che gli «omissis» coprono «argomenti estranei all’audizione, o perché privi di interesse o perché riservati».
Ma, a parte questa novità degli «omissis» si può dire che i parlamentari si fossero rassegnati a non cavare nulla di più di quanto si sapeva, prima dell’arrivo a Montecitorio, a notte inoltrata, del socialista Forte, già vice-presidente dell’Eni, oppositore dichiarato di Mazzanti, il quale ha posto una sfilza serrata di contestazioni su tutti gli argomenti già dibattuti, e in particolare sulla garanzia Tradinvest. Solo un altro parlamentare socialista, Labriola, è stato pari a Forte per numero di contestazioni.
«La clausola di revisione della tangente in caso di variazione del prezzo del greggio è debole», ha detto Labriola. E ancora: «La percentuale in realtà è una penale, non una mediazione». E con quali navi, appartenenti a chi, l’Agip farà trasportare il greggio? ha chiesto. Forte ha chiesto tra l’altro di sapere perché e in che modo sono stati modificati i verbali della giunta Eni trasmessi alla commissione, e come mai il presidente si è surrogato alla giunta decidendo da solo la garanzia Tradinvest. Ne è nato un secondo battibecco tra Mazzanti e Di Donna.
Mazzanti: Non ricordo quali variazioni siano state apportate né perché. In giunta non si è parlato della mediazione: queste cose esulano dalle sue competenze. Me l’ha confermato l’ufficio legale.
Di Donna: Ma non ci sono precedenti di concessioni di garanzia per casi analoghi.
Lo stesso argomento era stato sollevato ripetutamente dall’indipendente di sinistra Minervini, il quale aveva toccato anch’egli la questione degli «omissis».
Ma prima che il dibattito assumesse toni drammatici, l’argomento di discussione principale era stato l’atteggiamento del governo. Il socialista Cicchitto aveva chiesto al ministro Lombardini, che nella sua relazione aveva preso le distanze dall’affare, se avesse partecipato alla riunione con Cossiga del 17 ottobre, quando fu stilato un comunicato che escludeva illeciti. Lombardini ha risposto di sì. Giorgio La Malfa era stato ancora più esplicito: «La commissione deve assolutamente sapere se esiste effettivamente un rapporto di fiducia tra il governo ed i responsabili degli enti pubblici». Il comunista Margheri ha rilevato che, dalle stesse dichiarazioni di Mazzanti, si deduce che questi ha agito con pieni poteri, e quindi ha aggiunto, delle due l’una: «O Mazzanti aveva delle assicurazioni governative oppure ha giocato d’azzardo».
Nelle poche pause della discussione sono corse anche voci di manovre di altro tipo: forse delle grandi compagnie petrolifere internazionali, turbate dall’entrata di una società europea in Arabia Saudita, forse dei servizi segreti francesi, gelosi dell’Italia, forse dei servizi israeliani. È stato probabilmente il momento in cui ci si è avvicinati di più alla realtà: non tanto per la fondatezza di queste voci, che sembrano assurde oltre che, incontrollabili, quanto perché si è avvertita la dimensione internazionale dell’affare con l’Arabia Saudita e il suo ambìto petrolio sullo sfondo.