Dieci anni di Repubblica, 23 novembre 1979
Sulle notizie non si discute
Caro Scalfari, ho troppa stima per la tua serietà e per il tuo coraggio professionale per non stupirmi del tono e degli argomenti usati da te nell’articolo che giovedì 22 novembre hai voluto dedicare alle tangenti Eni e ai servizi giornalistici che su di esse Panorama ha pubblicato. Par di capire, infatti, che il problema vero non è di sapere se l’Eni abbia fatto bene o male a pagare oltre 100 miliardi di provvigioni a una società ombra con sede a Panama. Bensì «sapere su quali fonti Panorama abbia svolto la sua inchiesta».
E perché occorrerebbe fare piena luce, come si usa dire, sulle fonti di Panorama? Perché, lasci intendere, questo settimanale ha pubblicato «vociferazioni» indimostrate; e perché, insinui, non è escluso che nel farlo si sia basato su documenti anonimi. L’una e l’altra circostanza dimostrerebbero, ad avviso della Repubblica, che contro l’Eni è in atto una campagna torbida, ispirata da forze oscure delle quali Panorama non è che il docile strumento.
Panorama ha pubblicato non già «vociferazioni», ma alcune notizie inoppugnabili. Ecco le principali: 1) l’Eni ha deciso di pagare delle provvigioni sull’acquisto di 12,5 milioni di tonnellate di greggio dell’Arabia Saudita; 2) tali provvigioni sono pari al 7% del valore della fornitura e ammontano complessivamente a oltre 100 miliardi; 3) le provvigioni vengono incassate da una società panamense; 4) tale società si chiama Sophilau; 5) la Sophilau ha ottenuto anche una lettera di garanzia della Tradinvest, finanziaria estera dell’Eni; 6) il contratto fra Agip e Sophilau per le provvigioni è stato stipulato quando il contratto fra Agip e Petromin per la fornitura di petrolio non solo era già stato anch’esso firmato, ma era già diventato operativo (in altre parole le tangenti sono state pattuite quando la disponibilità del greggio era già assicurata); 7) la giunta esecutiva dell’Eni è stata tenuta all’oscuro delle modalità di pagamento delle tangenti.
Queste notizie non le ho lette su la Repubblica, o su altri giornali. Le ho lette solo su Panorama e, in parte, su l’Espresso. Il governo, nella persona del ministro Adolfo Sarti, le ha integralmente confermate il 20 novembre. Spero che nessuno vorrà sostenere che si tratta di notizie irrilevanti o di scarso interesse.
E allora? In base a quale logica diventa necessario, anzi prioritario indagare su quali siano state le fonti di un giornale che ha pubblicato notizie vere?
Intorno all’affare Mazzanti sono fiorite, è vero, anche «vociferazioni»; sono stati fatti circolare documenti anonimi. Delle une e degli altri, però, non trovo traccia su Panorama. Non è su Panorama, ma su la Repubblica del 20 novembre che leggo nomi e cognomi di uomini politici italiani indicati come coloro che alcuni insinuano aver percepito parte delle tangenti Eni. Non è su Panorama, ma su la Repubblica del 22 novembre che leggo la trascrizione integrale di un documento anonimo che immischia nella faccenda, sempre con nomi e cognomi, ex-presidenti del Consiglio, vicesegretari di partito, dirigenti dell’Eni, avvocati italiani e svizzeri e colonnelli.
Non so se le informazioni date da Panorama configurano o no uno scandalo: personalmente anch’io, come te, «voglio credere che Mazzanti sia un dabben uomo» e mi auguro che esca a testa alta dalla vicenda. Sono convinto però che gli elementi finora emersi legittimino la richiesta, avanzata da tutte le forze politiche, di vederci più chiaro. Di fronte alla più alta tangente mai pagata a memoria d’uomo da un ente di Stato italiano, si tratta non soltanto di ricostruire nel modo più completo i fatti, ma anche di stabilire in quale forma, per il futuro, potrà essere effettuato il controllo da parte della collettività su questo genere di pagamenti all’estero. A meno che non si preferisca accontentarsi della parola dei dirigenti degli enti, e condire il tutto con il silenzio stampa.
Qualche mese fa hai scritto un articolo nel quale si svergognava quella malattia nazionale che tu stesso hai battezzato «dietrismo». Il dietrismo consiste nel chiedersi non se una notizia è o no vera bensì «a chi giovi», ovvero «chi ci sia dietro». Questa filosofia giornalistica non è mai appartenuta a Panorama e, finora almeno, non sembrava neanche propria di Repubblica. Noi non ci chiediamo a chi possa giovare o nuocere una notizia. Ci limitiamo ad accertarne la fondatezza. E poi la pubblichiamo.
Cordialmente.