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 1979  aprile 14 Sabato calendario

Il telegramma di Pertini

Sandro Pertini è uno di quei grandi vecchi che la galera la conoscono bene. Ci ha passato una parte della vita in galera, pur d’affermare il diritto al dissenso e alla libertà d’opinione. Perciò, in queste ore, il processo di Padova contro gli intellettuali di Autonomia e di Potere Operaio è una ferita che gli brucia e, al tempo stesso, una speranza di verità e di giustizia.
Me ne ha parlato a lungo ieri, in quel suo modo che riesce a trasformare perfino le stanze del Quirinale in una casa vera, con dentro persone vere, da quel museo delle cere che era diventato col tempo.
Si è aperta una polemica sul suo telegramma ai giudici di Padova e il Presidente se ne addolora (1). Commetterò probabilmente una delle tante «indiscrezioni» della mia vita professionale, ma questo racconto lo voglio riferire, perché merita che gli italiani lo conoscano.
«Il giorno dei funerali del giudice Alessandrini (2), in Duomo, a Milano: non dimenticherò mai il volto fiero e dolente della moglie e quelle sue parole, quasi gridate, «L’avete lasciato solo, per questo me l’hanno ammazzato». Come l’operaio Rossa, a Genova «L’avete lasciato solo...».
«Ecco il problema, ecco perché il paese è diventato preda d’un pugno di violenti. Ciascuno si ritira nel suo privato, chi combatte in nome della legge e della coscienza lo fa da solo, a proprio rischio e pericolo, quasi che stesse combattendo una sua battaglia personale e non quella di noi tutti per riportare pace e serenità tra gli italiani.
«Per questo ho mandato quel telegramma ai giudici di Padova. Ah, non certo per dirgli: bravi, che avete trovato i capi delle Br. Che so io se hanno trovato i colpevoli di tanti delitti? Come potrei anticipare un giudizio che ha bisogno di prove provate che ancora nessuno conosce? Quello che conosco è la tremenda solitudine del giudice che affronta una realtà così oscura e terribile e i rischi ai quali si sottopone. Quel giudice di Padova, lo sai che deve cambiar alloggio ogni notte da quando è cominciata l’indagine? Io ho voluto dirgli: so qual è il pericolo e ti sono vicino...
«Reati d’opinione, mai. Sì, lo so, nel codice, in qualche ammuffito articolo del codice, è ancora previsto il reato d’opinione, l’istigazione a delinquere. No, non è la punizione del reato d’opinione che può ridar pace a questo tormentato paese. I vecchi anarchici d’un secolo fa, quanti reati d’opinione commisero! Enrico Malatesta, Andrea Costa, Cafiero. E noi, antifascisti clandestini, quanti ne abbiamo commessi! So bene che avevamo di fronte una tirannia, e questi hanno di fronte una libera democrazia, ma il dissenso per me è sacro comunque, la libertà di sognare un’altra società e battersi per realizzarla, è sacra...
«Battersi, ma non commettere crimini e uccidere inermi e innocenti. Noi abbiamo combattuto l’invasore e avevamo armi in pugno da una parte e dall’altra. Non c’è paragone possibile con quanto accade oggi. Sarò un uomo all’antica, ma l’operaio ucciso, il magistrato ucciso, a sangue freddo, sotto la porta di casa, magari col figlio per la mano, in nome d’una spietata disciplina e d’un astratto furore, questo è orribile...
«Sarei il primo a protestare contro un processo alle opinioni. Ma sono il primo a chiedere che tutte le indagini vengano fatte per individuare chi sono coloro che organizzano e dirigono il sistema di terrore che sconvolge la nostra vita...».
Il Presidente ha molti affanni in questi giorni. È arrivato in quel palazzo in uno dei momenti più difficili della storia d’Italia, niente c’è più d’intangibile e d’intatto, le istituzioni della Repubblica hanno soltanto trent’anni, ma sembrano usurate da secoli, e tocca a lui ridare ai cittadini speranza e fiducia nella democrazia. Ma, per fortuna, lui speranza e fiducia le dà, perché è uno di quelli che ci crede sul serio nella democrazia.
La domenica di Pasqua riceverà il comitato per la difesa della Vita e per il disarmo, quelli che lottano per salvare dalla morte milioni di bambini. Sono battaglie in cui crede, perché questo vecchio capo partigiano è un non violento: è il più non violento di quanti ce ne siano in circolazione. Ha chiesto a tutti i partiti di mettere nel loro programma elettorale una concreta politica di disarmo e di solidarietà verso i poveri di tutto il mondo.
Non è un papa laico, Sandro Pertini. È un cittadino della Repubblica, come ciascuno di noi. Un cittadino che ama la vita e la gioia, detesta le armi, non ha ideologie da imporre e neppure da predicare. Crede in un’Italia dove la legge giusta sia rispettata da tutti. E dove tutte le leggi siano giuste. Fossimo tutti come lui, questo sarebbe un altro paese.
Note: (1) Subito dopo l’annuncio degli arresti, il presidente della Repubblica aveva telefonato al procuratore capo della Repubblica di Padova. Aldo Fais per congratularsi. Gli aveva poi spedito questo telegramma: «Facendo seguìto alla mia telefonata, riconfermo piena solidarietà a Lei e ai magistrati di Padova per la fermezza e il coraggio con cui stanno agendo in difesa delle nostre istituzioni democratiche. Sandro Pertini». (2) Emilio Alessandrini era il giudice che aveva condotto le indagini sulla strage di piazza Fontana. Venne assassinato il 29 gennaio a Milano da un comando di Prima Linea mentre la sua auto era ferma al semaforo tra via Umbria e via Muratori. Il giudice aveva appena accompagnato a scuola il figlio Marco.