Dieci anni di Repubblica, 8 aprile 1979
Tutti gli arresti minuto per minuto
Sedici arresti in tutta Italia (numero provvisorio, destinato a salire perché l’operazione è in corso) nell’ambito di una massiccia azione di polizia contro il terrorismo. Le notizie sono scarse e filtrano dagli investigatori con la consueta avarizia dei momenti di «grande intensità» operativa. Sono finiti in carcere alcuni dei nomi più in vista dell’Autonomia operaia: Oreste Scalzone, Toni Negri, Emilio Vesce. Gli arresti sono stati compiuti in cinque città diverse: Roma, Milano, Padova, Torino e Rovigo. È possibile che anche Franco Piperno (che non è in carcere) sia colpito da ordine di cattura perché, come altri, ha firmato articoli sul «terrorismo diffuso» sulla rivista Preprint, numero di prova della pubblicazione Metropolis organo dell’autonomia operaia. Proprio nella redazione di questo giornale, ieri verso l’una a Roma, la polizia ha fatto irruzione fermando undici persone (e rimettendole poco dopo in libertà), arrestando Oreste Scalzone e Lauro Zagato.
L’operazione di polizia, concertata fra le cinque città interessate era partita all’alba da Padova: undici arresti, dieci latitanti, settanta comunicazioni giudiziarie.
Fra gli arrestati della città veneta il nome più noto è quello di Emilio Vesce, insegnante in un liceo e direttore dell’emittente dell’area dell’autonomia radio Sherwood. Praticamente la Digos ha messo in carcere l’intera facoltà di Scienze politiche.
Nel pomeriggio era stato trasferito a Padova (da Milano, dov’è stato arrestato nella sua abitazione di via Boccaccio), Toni Negri, docente di dottrina dello Stato alla facoltà di Scienze politiche. In mattinata erano stati incarcerati Alisa Dal Re, docente nella stessa facoltà come Sandro Serafini. E inoltre Carmela Di Roseo, medico condotto. Ivo Galimberti, docente alla facoltà di fisica. Marzio Sturara, Paolo Benvegnu, Luciano Ferrari-Bravo, anch’egli docente a Scienze politiche, Guido Bianchini, tecnico universitario a Scienze politiche e il giornalista Giuseppe Nicotri.
Da Padova le notizie filtrano rare. Il portone della questura è sbarrato ai cronisti. Stesso riserbo (forse maggiore) nella capitale. Dove tuttavia si è appreso che uno degli arrestati sarebbe ricercato anche per il delitto Moro. Da tempo a palazzo di Giustizia si sapeva di indagini serrate su due personaggi, uno dei quali sarebbe stato l’estensore di uno dei comunicati durante il rapimento del presidente Dc; l’altro avrebbe avuto un ruolo secondario, da «telefonista». Da due mesi correvano queste voci, da una settimana s’erano fatte insistenti.
Fra le imputazioni a carico degli arrestati ce ne sarebbe anche una gravissima (che comporta, in caso di condanna, l’ergastolo): insurrezione armata contro i poteri dello Stato. Si sa che negli ultimi mesi gli organi di polizia (Digos di alcune città-chiave, reparti di Dalla Chiesa e servizi di sicurezza) stavano «ascoltando» montagne di telefonate e compiendo centinaia di perquisizioni. Sulla reale consistenza della operazione condotta ieri si pronuncerà la magistratura nei prossimi giorni, dopo gl’interrogatori degli arrestati.
Il personaggio più in vista, fra gli incarcerati, è certo il professor Antonio Negri, più noto come Toni.
A lui si contesta la «costituzione e partecipazione ad associazione sovversiva, con la denominazione Brigate Rosse, Potere Operaio, Autonomia Operaia, Autonomia Organizzata». Le prove sarebbero state ricavate dal «sequestro di documentazione e collaborazione con le testate Rosso, Controinformazione, Potere operaio, volantini e documenti in cui si incita all’illegalità di massa». A Toni Negri «si contesta la storia italiana dal ’68 ad oggi» ha detto Francesco Piscopo, il legale milanese che difende il leader dell’autonomia.
L’operazione di Padova, scattata, come s’è detto, all’alba, ha avuto i suoi momenti più intensi verso mezzogiorno, con l’intervento dei poliziotti della Digos nella facoltà di Scienze politiche. Prima gli agenti hanno chiesto del preside, Sabino Acquaviva. Non c’era. Più tardi, quando è arrivato, gli agenti avevano già iniziato una lunga perquisizione negli uffici. Alle 18 alcuni camion della polizia che occupavano materialmente piazza dei Signori, hanno impedito una manifestazione di protesta che s’è svolta (quattrocento partecipanti) al teatro Ruzzante.
A Roma, nella sede della rivista Metropolis, la polizia ha fermato (e successivamente rilasciato) Paolo Virno, Paolo Seppelloni, Libero Maesano, (che fu arrestato per quasi due mesi nel corso delle indagini su Moro, poi rilasciato), Lucio Castellano. Ha arrestato invece Oreste Scalzone e Lauro Zagato, padovano. Il mandato di perquisizione degli agenti parlava di detenzione di armi, esplosivi, materiale incitante alla sovversione. Evidentemente però l’obiettivo reale erano i due arrestati.
Per tutta la giornata le radio romane (Onda rossa, emittente dell’Autonomia) hanno trasmesso le cronache «in diretta» degli arresti, nella gran nebbia delle notizie lasciata dagli investigatori «per decisione delle autorità superiori». In serata s’è appreso che Franco Piperno ha telefonato a radio Onda rossa dicendo di essere libero. Tutti i fermati nella redazione della rivista romana sono ex appartenenti a Potere operaio.