13 ottobre 1948
La miseria dell’Azerbaijan
L’Azerbaijan, «una Nazione dove il novantacinque per cento della ricchezza è in mano di tremila famiglie, e il settanta per cento della terra coltivata appartiene a grandi proprietari. Nel seguente regime di Pisciavari le terre furono ripartite tra i contadini, le paghe degli operai a Tabriz — che è la seconda città industriale di Persia con concerie, vetrerie, fabbriche di tessuti, di fiammiferi e di tappeti — vennero notevolmente elevate e organizzati dei sindacati. Ora, malgrado le aspirazioni dello Scià — che è la persona più umanitaria di tutto il Paese — le terre sono tornate ai grandi proprietari, i sindacati non esistono più, solo le paghe degli operai rimangono le più alte a confronto con quelle delle altre regioni. I militari tengono in pugno l’Azerbaijan con disciplina, ma senza violenza, e il governatore fuma oppio e beve tè. I Russi sono nominati con odio dai proprietari cui vennero confiscati i beni e con simpatia solo da alcuni elementi delle minoranze. Il resto sembra ignorarli. Di tanto in tanto qualcuno dice : « Ecco, questo ponte fu fatto al tempo di Pisciavari... Il governo democratico fece asfaltare tutte queste strade ... Ma sembra una citazione storica e non è mai un rimpianto.
E non si sa, allora, quale oscura potenza abbia salvato o salvi questo Paese dall’esplosione. Forse la stessa oscura potenza fatta di immutabilità e di apatia che ha salvato la Persia da tutte le dominazioni attraverso tutte le vicende di secoli. Perché poi, quando per la prima volta nella primavera del 1947 il giovane Scià calò dal cielo, pilotando il suo aeroplano, su Tabriz la popolazione lo circondò in una frenesia di entusiasmo e un vecchio si ammazzò ai suoi piedi perché basta, ormai era vissuto abbastanza.»
Leggi qui l’articolo di Claudia Falcone