Corriere d’informazione, 30 aprile 1946
Tags : Egitto • Fawzia • Iran • Reza Pahlavi
La regina Fawziah torna in Egitto e lascia il suo sposo, lo scià di Persia Reza Pahlavi
Il Cairo, 30 aprile. Milletrecento miglia e un forte contrasto separano oggi Fawziah, principessa d’Egitto e regina di Persia, giovanissima e squisitamente bella, da suo marito lo Scià. Egli si trova a Teheran, Fawziah è al Cairo presso il fratello, re Faruk, condottavi dal risentimento cresciuto in lei dal giorno delle sue nozze, avvenute nel 1939, quando l’immaginazione del mondo intero fu avvinta da questo matrimonio che pareva una fiaba orientale. Fawziah è di fronte a un dilemma: decidere se insistere per il divorzio o tornare al marito, il bello e giovane ma autocratico Scià. Il suo atto ha dato materia di pettegolezzo all’intero Medio Oriente; e, oltre ad avere un peso politico, rappresenta l’eterno scontro tra una fanciulla dalla mente aperta, occidentalizzata, e il secolare uso maomettano per cui un uomo, specie se ricco, non ha l’obbligo di limitare le sue attenzioni alla moglie. L’esito di questa battaglia non interessa solo i ricchi aristocratici del Medio Oriente, ansiosi di rafforzare il loro blocco contro interferenze esterne, ma anche le donne di ogni nazionalità che si sentono solidali con Fawziah. La principessa, allevata in un’opulenza da fiaba, non è oggi, nella profonda sua delusione, diversa da ogni altra moglie tormentala dalla gelosia, anche se il suo problema e più complesso. Fawziah é la figlia maggiore del defunto Fuad, re d’Egitto, i cui figli portano tutti un nome con iniziale F perché questa lettera, diceva il re, gli portava fortuna. Fuad volle che le sue figlie: Fawziah, Faiza, Faikah e Fathiah fossero allevate nella fedeltà alla loro razza. Così fece la sua vedova regina Nazli, e il lusso della vita regale delle quattro principessine fu sempre temperato. Una delle loro più grandi avventure fu la visita in Inghilterra, per l’incoronazione dell’attuale re. Più tardi Fawziah andò in Svizzera, dove praticò gli sport della montagna. Secondo l’uso maomettano, particolarmente nelle classi elevate, i matrimoni vengono combinati dai genitori e, se si tratta della famiglia reale, anche dai consiglieri eli Stato; ed è proibito alla coppia d’incontrarsi, senza testimoni, prima del matrimonio. Si può quindi immaginare l’agitazione di Fawziah quando seppe che il suo promesso era il principe di Persia. Mohammad Reza Pahlavi, bello e fastosamente ricco, figlio maggiore di Reza Scià Pahlavi. Nel matrimonio di suo figlio con la sorella del re d’Egitto, lo Scià dai baffi bianchi vide la possibilità d’una stretta reazione tra Egitto e Iran, che avrebbe trascinato l’Egitto in un’ orbita panislamica. C’era, però, una seria difficoltà religiosa: lo Scià e la sua gente appartenevano ad una setta maomettana mentre gli Egiziani appartenevano ad un’altra. Tuttavia, le considerazioni politiche ebbero più peso di quelle religiose e i consiglieri dissero a Faruk che il matrimonio della sorella sarebbe stato vantaggioso. D’altronde, chi non avrebbe pensato che la felicità aspettava una coppia tanto perfetta? Così la principessa Fawziah non ancora diciassettenne, ricevette il «sabka», il grande anello di fidanzamento di diamanti. Nel suo palazzo in Persia, il fidanzato contemplava il ritratto di Fawziah, dallo sguardo luminoso. Quasi un anno doveva passare prima che i fidanzati potessero incontrarsi. Al suo arrivo ad Alessandria, il principe fu accolto con grandi festeggiamenti. La cerimonia nuziale nello studio del re al palazzo Abdin del Cairo fu tranquilla, mentre le celebrazioni attraverso la Persia e l’Egitto, per la prima volta legati da un matrimonio regale, furono di incomparabile magnificenza e durarono un mese. La sposina di diciassette anni guardava attraverso un piccolo buco nella tappezzeria, mentre il fratello che la rappresentava apponeva per lei la firma al contratto matrimoniale. Era, finalmente, la moglie del diciannovenne principe ereditario di Persia. E nel Paese di lui seguì la cerimonia finale, cui assistette la futura regina. Dopo le feste, per la giovane Fawziah incominciò la nuova vita, molto più ristretta di quanto non fosse prima in Egitto. Era obbligata a portare il velo in pubblico e a trascorrere le sue giornate nel palazzo. Per un po’ di tempo la curiosità e l’interesse del pubblico intorno alla loro felicità furono distolti dalla crisi politica persiana. Lo Scià, con le sue leggi autocratiche e corrotte, aveva fomentato miseria e rancore nell’interno del Paese. Si diceva che la sua fortuna privata, calcolata tra i dodici e i venticinque milioni di sterline, fosse stata per la maggior parte accumulata attraverso un’abile politica che metteva Russia e Inghilterra l’una contro l’altra. Nell’agosto del 1941, Gran Bretagna e Russia furono costrette ad invadere la Persia per eliminare la quinta colonna tedesca, formidabile e pericolosa in quella posizione strategica. Questo fece traboccare lo scontento che covava contro lo Scia e pochi giorni dopo egli abdicò, designando come successore il giovane principe, che aveva allora quasi ventidue anni. Mohammad Reza Pahlavi ereditò il trono in un momento non facile: suo padre era divenuto impopolare, molti tra i suoi erano corrotti, migliaia di persone stavano morendo di fame; dappertutto si chiedeva una riforma costituzionale. Il giovane re promise che avrebbe regnato come un monarca costituzionale, avrebbe assentito agli atti del Parlamento e avrebbe fatto quanto era in suo potere per migliorare le condizioni di vita, soccorrere i bisognosi e combattere 1’analfabetismo. Da allora, ha bene impressionato i liberali europei, ma resta ancora a vedersi se gli sarà possibile vincere le tendenze autocratiche del suo temperamento. Nel frattempo, la sua vita di famiglia e stata tutt’altro che tranquilla. Come ha detto la rivista americana Time, i gusti dello Scià divennero «più quantitativi che non di qualità» e l’occidentalizzata regina, naturalmente, protestò. Se ne dispiacque tanto, dicono, che si recò a Bagdad da uno psichiatra americano e mandò al marito un severo messaggio per chiedere «un immediato cambiamento». Alla fine, lasciò lo Scià per la sua vecchia casa in Egitto, dove si trova già da diversi mesi. Quanti hanno potuto vederla al suo arrivo sono rimasti impressionati dal suo aspetto: dal viso stanco e pallido la sua profonda infelicità era evidente. Le voci che negoziati per il divorzio fossero in corso vennero smentite dall’Ambasciata persiana al Cairo, ma la regina sj rifiuta sempre di tornare ed è evidente che le relazioni con lo Scià non hanno subito miglioramento. Così pare chiuso il romanzo. La regina è offesa perché le sue sofferenze sono state usate come pegno per ragioni politiche? O sogna ancora segretamente di tornare dal giovane Scià, pur rifiutando risolutamente di sopportare la sua inclinazione per la poligamia? Il vecchio sogno dello Scià di una alleanza matrimoniale che rafforzasse il blocco panislamico sarà forse spezzato dal divorzio? A queste domande sul clamoroso disaccordo regale non è facile rispondere senza indagare nei segreti pensieri della giovane regina.