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 1979  settembre 21 Venerdì calendario

Ciampi al vertice dell’Istituto

A partire da ieri pomeriggio, la Banca d’Italia ha un nuovo governatore, Carlo Ciampi, e un nuovo direttore generale, Lamberto Dini. Vicedirettori sono Mario Sarcinelli e Alfredo Persiani Acerbo. Le nomine sono state decise dal Consiglio superiore dell’Istituto di emissione, riunito in seduta straordinaria per «prendere atto» delle dimissioni di Paolo Baffi. In serata, il Consiglio dei ministri ha ratificato la decisione, e ora non manca che il decreto del Presidente della Repubblica, per rendere effettiva la nomina. L’insediamento avverrà lunedì 8 ottobre. Come fu per Menichella, Baffi è nominato presidente onorario della Banca.
Si conclude così, con un arroccamento dell’establishment di via Nazionale intorno ai «suoi» uomini ai «suoi» tecnici, quello che il Financial Times ha definito, in un lungo articolo di ieri, un gravissimo «assalto dei politici» all’istituzione più prestigiosa, e «più incontaminata», dello Stato italiano. Paolo Baffi se ne va, e lascia ai suoi successori una ricca ma ardua eredità.
Il quotidiano londinese non esita a mettere sullo stesso piano l’attentato di via Fani con l’arresto di Sarcinelli e con l’incriminazione dello stesso Baffi, nel marzo scorso. E aggiunge che una prima battaglia è stata già persa, dall’Istituto di emissione: sul capo di Sarcinelli continua a pendere un ingiusto mandato di cattura, e quindi il «dipartimento di vigilanza» da lui diretto è per il momento «completamente paralizzato». Non bisogna dimenticare che la sezione «vigilanza» aveva creato non poche grane alla Dc, sia in occasione dello scandalo Italcasse, sia – aggiunge il quotidiano inglese – nelle indagini promosse da Sarcinelli su Michele Sindona. La fine dell’articolo è molto amara. Citando una frase pronunciata da Carli, l’editoriale conclude: «I politici italiani non sono interessati a come funziona il sistema bancario, alle politiche che esso propone e porta avanti. Essi vogliono solo piazzare i loro uomini nel sistema, e tenere lontano coloro che appartengono a gruppi di potere rivali».
Forse per questo – ci spiegavano ancora ieri i dirigenti di via Nazionale – Baffi ha scelto infine di portare in alto i «propri uomini». Ciampi è stato direttore generale prima di divenire governatore e prima ancora capo dell’ufficio studi. Ha solidarizzato apertamente con il governatore in un momento assai difficile, quando non tutti i membri del direttorio erano d’accordo. È vicino alla Dc, questo è vero, è anche più prudente di Baffi, ma la sua storia è giudicata rassicurante per chi difende l’autonomia dell’Istituto. Quanto a Lamberto Dini, la scelta è giudicata assai saggia, sia dagli ambienti bancari che da quelli industriali: nella carica di direttore esecutivo del Fondo Monetario, Dini ha condotto trattative assai delicate per conto del nostro paese, in occasione dei vari negoziati per i prestiti Fmi.
La responsabilità di come sono andate le cose, quindi, ricade tutta intera sulle forze politiche e anche sulla classe industriale. Quest’ultima, in particolare, è stata duramente rimproverata dall’economista Modigliani, in occasione del convegno di Villa d’Este, per il disinteresse e il silenzio sul «caso Baffi».
I comunicati delle segreterie, oggi, salutano calorosamente il governatore che se ne va. Gerardo Chiaromonte ha scritto una nota in cui si ricorda lo scandalo come «una delle vicende più oscure della nostra democrazia».
Ma lo scandalo è tutt’altro che chiarito. Per ora resta il saluto a Baffi del Consiglio superiore della Banca: un comunicato in cui si esprime «gratitudine per l’opera svolta da Baffi con altissima capacità professionale, imparzialità e profondo vigore morale». Il Consiglio, così conclude il comunicato, «ha in particolare reso omaggio all’impegno e alla fermezza con cui il dottor Baffi ha operato, in condizioni oggettivamente difficili e talora dolorose, per il consolidamento della lira e in occasione dell’ingresso dell’Italia nel Sistema monetario europeo». È un ultimo omaggio alla sua «expertise» tecnica, alla sua intelligenza, e anche alla sua irriducibile autonomia.