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 1979  agosto 26 Domenica calendario

C’è un solo modo di onorare Baffi

Si sapeva – l’aveva detto lui stesso il 31 maggio nel corso dell’assemblea annuale della Banca d’Italia – che Paolo Baffi avrebbe lasciato entro pochi mesi la carica di governatore (1). Ma adesso c’è un fatto nuovo e un termine ultimativo.
Il fatto nuovo è che Baffi ha già dato le dimissioni; l’ha fatto il 16 agosto, con una formale lettera al Consiglio superiore dell’Istituto d’emissione, che è l’organo abilitato a riceverle. Il termine ultimativo è di sei mesi, perché di fronte alle vivissime pressioni del governo, egli ha accettato d’indicare una data entro la quale il problema della sua successione dovrà essere comunque risolto. La data finale di questa vicenda è dunque quella del 16 febbraio 1980.
Le ragioni che motivano l’abbandono di Baffi sono troppo note perché sia necessario rievocarle. Ma due questioni vanno chiarite con molta fermezza.
1) La politica monetaria e bancaria da lui attuata in questi anni è stata probabilmente la migliore di tutto il periodo che comincia nel 1945 con la nomina di Luigi Einaudi alla testa della Banca Centrale. Baffi ha dovuto operare in condizioni difficili quant’altre mai, sia dal punto di vista politico che da quello tecnico; eppure la lira, la bilancia dei pagamenti, il tasso d’inflazione, il rigore della vigilanza, sono stati gestiti al massimo livello. E sì che i suoi predecessori si chiamavano Donato Menichella e Guido Carli!
2) Il governo non può accettare le dimissioni di Baffi senza confermargli contestualmente la sua piena e incondizionata fiducia.
Non creda il presidente del Consiglio, non credano i ministri del gabinetto che confermare la fiducia a Baffi sia un’operazione semplice, una bella lettera da scrivere, un’onorificenza da conferire. Non è di questo che si tratta.
Confermare la fiducia a Baffi significa risolvere in modo coerente e conforme alla biografia pubblica del governatore due problemi: quello del suo successore e quello d’una definizione autentica dei poteri e dei doveri dell’Istituto d’emissione nei suoi rapporti con il governo e con la magistratura.
Per quanto riguarda il successore, i termini del problema sono chiarissimi. Ci vuole un tecnico di altissima qualità e uno spirito indipendente di fronte a qualunque pressione e a qualunque intimidazione. I tecnici di alta scuola sono pochi in materia di governo della moneta e del credito, non si va oltre le dita d’una mano; ma tra di essi, quelli veramente indipendenti da tutto ciò che non sia l’interesse del paese non sono che due, tre al massimo. La scelta è dunque strettissima.
Quanto ai poteri e ai doveri dell’Istituto d’emissione e di chi gli sta a capo, urge ormai, dopo lo scempio perpetrato da alcuni magistrati, una legge d’interpretazione autentica con la quale il Parlamento definisca quelle parti della legge bancaria che prescrivono al governatore il diritto d’apprezzare, egli solo, l’esistenza d’un reato accertato nell’esercizio delle funzioni di vigilanza e l’obbligo che ne consegue di denunciarlo alla magistratura. Ed urge un’altra legge essenziale: quella che sottragga alla decisione inappellabile d’un singolo magistrato il potere di sospendere dal servizio il pubblico ufficiale.
Il pubblico ufficiale può, anzi deve essere arrestato quando ne ricorrano gli estremi, senza riguardo al suo grado e alla sua fama; ma non può esser sospeso dal servizio se in stato di libertà, poiché in quel caso il potere giudiziario confisca prerogative proprie dell’esecutivo, turbando un equilibrio costituzionale che sta alla base dello Stato di diritto.
Questo è il solo modo di confermare a Baffi e ai suoi colleghi del direttorio la fiducia del governo e del paese nel momento in cui si accinge a lasciare un incarico degnamente ricoperto, e al tempo stesso di recuperare la funzione preziosa della Banca Centrale, che è stata in questi mesi – non certo per sua colpa – fortemente diminuita.
 
Note: (1) Il primo a parlare delle prossime dimissioni del governatore era stato il Financial Times del 15 agosto, in un articolo poi ripreso anche dalla nostra stampa. L’autorevole quotidiano della City aveva tra l’altro fatto notare che una lunga tradizione vuole i governatori dimissionari nella seconda metà d’agosto, quando la lira è stabile, la bilancia dei pagamenti viene gonfiata, in positivo, dagli introiti del turismo e dunque le dimissioni non possono avere alcuna conseguenza grave sulla nostra economia. Era esattamente la situazione di quel momento in Italia, come notava anche il Financial Times.