Dieci anni di Repubblica, 22 maggio 1979
Gian Paolo Cresci a caccia di voti
Il Gran Ciambellano s’è messo in proprio e vuol diventare senatore di Firenze (1). Prima d’oggi aveva fatto anche troppi mestieri, uno meglio dell’altro. Il fattorino di negozio. Il giornalista. Il piccolo boss della Raitivù. L’imprenditore pubblico. Il direttore di rivista culturale. Ma soprattutto, e per anni, l’uomo di Fanfani: qualcosa di più del cortigiano qualcosa di meno del consigliere, però sempre ad un centimetro dal Professore in comizi, congressi, cene di corrente, trame editoriali, battaglie antidivorzio, consigli nazionali, mostre di pittura, ritiri spirituali... Insomma, la sua ombra. Un’ombra fedele, anzi super-fedele, e proprio per questo potente, anzi super-potente.
Adesso, arrivato ai 49 anni, Gian Paolo Cresci vuole un posto a Palazzo Madama.
Gli chiedo: «non ti bastava essere quello che sei? Piccoletto, rotondo, agitatissimo», Cresci mi scruta strizzando gli occhi da vecchio volpone. Poi emette il primo lamento:
«Ma come? Anche tu che mi conosci da tanto, cadi nel solito errore! Io molto potente? È una favola. Se ero potente, stavo in un collegio buono, non a Firenze tre!
«Firenze tre... – sospira Cresci, un po’ angosciato. – Adesso ti racconto come è andata. Vedi, dei ventotto collegi per il Senato che la direzione dici si era riservata, due non funzionano. Uno è in Sicilia, l’altro è questo. Io dovevo andare a Roma, in un collegio sicuro, e invece l’hanno dato alla cosa, come si chiama?, alla Iervolino, e a me mi hanno mandato qui. E tu dici che io sono potente?». Cresci ha un brivido: «Questo Firenze tre è spaventoso! Ci sono i quartieri più rossi della città, e poi tutto il Mugello e la Val di Sieve, sino ai confini con la Romagna. Il collegio peggiore di Firenze! Qui l’ultimo senatore democristiano è uscito nel 1948, si chiamava Viggiani, era un operaio della Galileo. Bei tempi, quelli. Dopo di allora, più niente. Eppure, nonostante questo, c’era qualcuno che non mi voleva. Il Movimento Cristiano dei Lavoratori ci aveva destinato il Burberi, presidente provinciale. Bravissima persona, il Burberi! Ma a Roma lo hanno levato e ci hanno messo me. Cinque ore di discussione a piazza del Gesù, per poi darmi questa roba! Non lo so – dice Cresci, vanitoso – Ormai c’è una leggenda su di me. E dovunque vado, io mi trovo sempre nella polemica e nel contrasto...».
Sarà per via di Fanfani?
«Ma no! È per il modo terribile in cui io mi batto. Mi sono sempre battuto e anche adesso voglio farlo. Certo, se divento senatore non sputo per terra. Ma il punto non è questo. È la battaglia che mi piace. Un tipo di battaglia che non ho mai fatto. Le altre campagne le ho soltanto viste: arrivavo in auto con Fanfani, i prefetti ci aspettavano agli svincoli delle autostrade, poi il comizio, io telefonavo ai giornali, il sunto del discorso e tutto era finito. Adesso, invece, lavorerò per me.
«Vuoi sapere come lavoro? Ho un segreto. Nei collegi cattivi, i candidati non si danno mai da fare. Io mi do da fare come un pazzo, come se Firenze tre dovessi conquistarlo. E se lo conquisto è clamoroso, clamoroso! E poi ho un altro segreto. Io ho mestiere. Ho fantasia. Ho intelligenza. E soprattutto ho fatto la scuola giusta. Nessuno ha avuto la scuola e il maestro che ho avuto io! Fanfani è il più grande professore di campagne elettorali nel mondo! Non c’è nessuno che le faccia meglio di lui. E io ho imparato!
«Che personaggio eccezionale, Fanfani. So che a te non piace, ma sbagli, mio caro! È diverso da tutti gli altri... Ma perché prendi appunti? Smettila di scrivere! Mamma mia, poi mi ritroverò tutto sul giornale! In tanti anni che sono con Fanfani, io non ho mai preso un appunto, un’annotazione... Mi sembrava di rubare una cosa sua. Eppure avrei potuto scrivere un libro straordinario.
«Perché straordinario? Ma perché basta stare ad ascoltarlo! Ogni parola di Fanfani ha un suo significato. Ad esempio lui usa molto il verbo «concorrere». Perché lo adopera? Eh! Perché «concorrere» vuol dire qualcosa! Sfumature. Passaggi. Aggettivi. Ogni parola di Fanfani ha un peso. Ma smettila di scrivere! Che cosa c’entra Fanfani con la giornata del candidato Cresci?».
Una pausa e un sospiro: «Sì, forse c’entra. L’altro sabato Fanfani è stato qui per assistere al mio debutto. Siamo andati a Pontassieve, al Cinema Italia. Clamoroso! Prima ho parlato io, poi lui ha chiuso. Successo eccezionale. Eccezionale! Sì, avevo già fatto dei comizi, e ne farò ancora, ma non tanti, anche se ho scoperto di essere il candidato Pici più applaudito. Il comizio adesso è giù di moda...».
Il volpone sorride: «Comunque, io so che cosa dire sulle piazze. Anche questo me lo ha insegnato lui. Chi viene oggi ai nostri comizi? Quasi tutti attivisti o tesserati democristiani. Gente di trincea in questo collegio rosso. Sempre in minoranza. Mai avuto il potere. Soltanto merda in faccia e delle botte si son presi... E allora vogliono sentir parole contro il Pici e che gli diano l’orgoglio d’essere democristiani. E io quelle parole le dico!
«A questo punto l’applauso è facile. Anche perché vedono una cosa rara: un signore di cui Panorama e l’Espresso parlano una settimana sì e una no, che li va a trovare, stringe le mani a tutti e sta lì una giornata con loro. Ma c’è un’altra ragione del mio successo. Io seguo il consiglio che mi ha dato Fanfani: non parlare di politica, parla dei problemi della gente. E io parlo del terrorismo. E parlo degli anziani».
Gli anziani?
«Sì. Dicono che voglio sfruttare i vecchi. Pura malafede! È un problema enorme, io me ne occupo da tre anni mentre la sinistra lo scopre soltanto adesso. Sai quanti sono gli anziani in Italia? Sei milioni e mezzo. Sei milioni e mezzo di elettori incazzati, con le scatole rotte dal giovanilismo e da tutto il resto. E io nei comizi lo grido: ricordiamoci degli anziani, lo ammonisce anche il Vangelo, onora il padre e la madre!
«Però sono scettico sui comizi, te lo ripeto. E anche sui manifesti. Costano un occhio e poi te li strappano. I giornali? Bah! Se lo volesse La Nazione potrebbe fare un senatore. Ma Sensini (2) non s’impegna. Tu dici che mi nomina un giorno sì e un giorno no? Normale cronaca elettorale, io sono un candidato. Anche il Corriere della sera l’altro ieri mi ha dedicato una notizia? Sì, è vero. Ma non è stato un favore di Di Bella. Te lo giuro! Quel giorno Franco era all’estero...».
Il volpone sogghigna : «Del resto, i giornali non lo fanno mica per me! Io comunque so come funziona il meccanismo. Quel giorno tutti i candidati parlavano di cose abituali. Io invece, a Borgo San Lorenzo, ho parlato dell’attacco dei terroristi al «Corriere» (3). Poi ho fatto una telefonatine all’Ansa e così mi hanno pubblicato. Caro mio, è in queste cose che si vede la professionalità! Oggi bisogna fare notizia. E io ho il senso di quello che va e di quello che non va!».
Cresci mi fa l’occhietto: «E sai quello che oggi va? Le televisioni private. Io sono un vecchio lupo di tivù e appena arrivato qui mi sono studiato la geografia e l’ascolto delle tivù libere. Amico mio, l’Italia è cambiata! Sai chi decide oggi le elezioni in Toscana? I signori Giannotti, Galli, Montagni, De Anna e padre Ugolino. Sai chi sono? Male se non lo sai!
«Sono lo staff di Canale 48. Un milione e mezzo di ascoltatori. No, non ho comprato degli spazi. Forse lo farò negli ultimi giorni, ma oggi ci vado gratis. Se va un candidato qualunque e chiede: mi fate venire gratis a Canale 48?, non lo fanno andare. Ma vado io e dico: stasera a Firenze c’è un dibattito sugli anziani; date la notizia?, sì?, e allora tac, nel telegiornale compaio anch’io...».
Stasera vai a Canale 48?
«Più tardi. Adesso andiamo a Televaldarno. Sta a Figline, non è nel mio collegio, ma è molto seguita a Firenze tre. No, nemmeno a Televaldarno pago. È un’intervistina, una cosa da niente, una presenza. Ma tutto serve! Anche per il rispetto a Fanfani. È anche per lui che mi impegno, per questo grande professionista che a 71 anni sta ancora girando l’Italia e dà via l’anima per il partito.
«Che cosa dico nelle tivù? Quello che direbbe Fanfani. È lui la mia garanzia. La gente dice: quello sta con Fanfani, è fedele a Fanfani, la pensa come Fanfani. E allora l’elettore si rassicura: di questo Cresci ci possiamo fidare, perché Fanfani ha sempre avuto una faccia sola e non tradisce...».
Mi afferra per un braccio: «Ma che cosa scrivi? E perché mi chiedi sempre di Fanfani? Però una ragione c’è. La mia milizia l’ho fatta tutta con lui. E io sono il testimone più prezioso. Sono quello che conosce meglio. Nella campagna del ’76 abbiamo fatto assieme 33 mila chilometri in auto. E l’auto è come una casa. Si viaggia stretti, i corpi mandano degli umori, come fai a non stabilire un rapporto?
«Tu non ci credi, ma lui è una personalità sconvolgente. Anche per la salute. Vedi, per fare una campagna elettorale ci vuole una salute e uno stomaco di ferro. Fanfani ha tutti e due. Mai visto malato! Io invece ho già perso la voce e sento un dolorino qui dietro. Mi spiace soprattutto per la voce. Stando dietro le quinte, la voce non si perde, ma adesso... Sono fioco. Lo senti come sono fioco? Ho la pompetta e le pastiglie. La vuoi una pastiglia?».
No, non la voglio, anche perché sono stremato.
Lui, invece arrivati a Figline, si arrampica saltellando sino all’ultimo piano del convento dei frati dove sta Televaldarno. Tutto è pronto per l’intervista.
Speaker: «Dottore, che le si chiede?».
Cresci: «Mi faccia una prima domanda: qual è il suo impegno in questa campagna elettorale?».
E alla domanda Cresci strilla: «Non è il momento di stare alla finestra! L’ora è grave e l’intellettuale che rimane dietro le quinte ha fatto il suo tempo! Ho molta fiducia negli italiani e credo che il successo del glorioso 1948 possa ripetersi! Voglio ridare alla gente del mio collegio la gioia di votare per il suo senatore...».
Fine della trasmissione. Cresci è euforico: «Adesso, andiamo a fare un’altra marchetta a Canale 48!». Torniamo di galoppo a Firenze. Sull’Autosole c’è un ingorgo e s’arriva in ritardo, forse troppo in ritardo per il telegiornale della sera. Ma il vecchio volpone implora: «Padre Ugolino, un minuto! Mezzo minuto! Due domandine! Una domandina sola!».
E sia. Riflettori. Telecamere in azione. Cresci riprende a strillare: «Che abbiamo fatto per gli anziani? Poco, pochissino. In questa società scristianizzata, solo preti e monache...». Lo ascolto e vorrei gridare: bravo Cresci, trombone ma davvero bravo! (4).
Note: (1) Le elezioni politiche nazionali erano state convocate per il 3 giugno, quelle per il Parlamento europeo invece si sarebbero svolte il 10. (2) Alberto Sensini, all’epoca direttore de La Nazione. (3) Domenica 13 maggio un commando armato aveva assaltato, in un garage di via San Marco, i furgoncini adibiti al trasporto del Corriere della Sera. (4) Nel collegio di Firenze 3 risultò poi eletto, con 97.613 voti, il comunista Giuliano Procacci. Gian Paolo Cresci, con 57.955 voti, arrivò secondo.