Dieci anni di Repubblica, 29 marzo 1979
Callaghan e gli scozzesi
Il governo Callaghan è stato battuto. I Comuni hanno votato con 311 voti contro 310 la mozione di sfiducia presentata dai nazionalisti scozzesi (1). Domani il primo ministro si recherà dalla regina per chiederle lo scioglimento del Parlamento e la convocazione dei comizi elettorali. Callaghan è orientato verso il 10 maggio come data per mandare il paese alle urne ma alcuni dei suoi ministri preferirebbero anticipare al 3 dello stesso mese per non dare l’impressione di voler procrastinare l’appuntamento con l’elettorato. È la prima volta dal 1841 che un governo britannico viene battuto su di una mozione di sfiducia (nel 1924, quando MacDonald fu sconfitto, si trattò di un voto su di un emendamento).
Questa volta la fine del governo è stata determinata dall’alleanza di 274 conservatori, 13 liberali, 11 nazionalisti scozzesi e 8 protestanti dell’Irlanda del Nord. A favore del governo hanno votato 305 laburisti, 3 nazionalisti scozzesi, 1 protestante ed 1 repubblicano irlandese.
A determinare la sconfitta di Callaghan è stata l’assenza di un parlamentare laburista malato, ma sarebbe ancora bastato convincere il rappresentante socialdemocratico dell’Irlanda del Nord, Fitt, a dare il suo appoggio diretto al governo anziché la semplice astensione, perché in caso di parità lo speaker (le cui funzioni sono simili a quelle del nostro presidente della Camera) vota con il governo. Fitt ha deciso di negare alla maggioranza il suo salvagente perché non sarebbero state concesse le libertà civili nel Nord della sua isola.
Callaghan sarebbe potuto certamente restare al potere se fosse stato disposto a fare concessioni ad uno qualsiasi dei partiti minori ma ha preferito concentrare i suoi sforzi per ricostruire l’unità del partito che in ogni caso avrebbe dovuto guidare quest’anno dinanzi all’elettorato. E non per nulla il suo atteggiamento polemico nei confronti dei partiti minori rispecchia l’instransigenza ai molti parlamentari laburisti che non sembrano disposti ad essere condizionati dalle richieste di gruppi scarsamente rappresentati a Westminster.
Callaghan ha accusato i liberali e i nazionalisti scozzesi di volersi gettare nella trappola dei conservatori e molto polemicamente li ha paragonati a «tacchini che vogliono anticipare il Natale». L’opinione degli esperti è infatti che a fare le spese delle elezioni anticipate saranno proprio i partiti più piccoli che risentono necessariamente dell’attuale crisi.
Per i liberali, oltre alle difficoltà organizzative e alla impreparazione, c’è sul tappeto lo scandalo Thorpe (2), mentre per i nazionalisti scozzesi è da rilevare come gli ultimi sondaggi dell’opinione pubblica e le ultime elezioni suppletive abbiano denotato un ridimensionamento delle loro fortune. Anche per i protestanti dell’Irlanda del Nord le fratture interne potrebbero pesare negativamente in termini elettorali.
Il primo ministro forse aveva sopravvalutato le capacità politiche dei gruppi minori. La maggioranza dei laburisti sperava che i nazionalisti scozzesi avrebbero alla fine rinunciato al loro bluff ma non è stato così. In queste circostanze Callaghan ha mostrato voler seguire il consiglio datogli nel corso di un dibattito parlamentare questa settimana da un deputato dello stesso partito laburista: «Consigliamo ai gruppi minori di andarsi a buttare nel Mare del Nord». Questa tattica potrebbe rivelarsi molto negativa per il premier, ma indubbiamente ormai il dado era tratto e sembrava tardi per poter tentare di modificare i giochi.
Quanto alle prossime elezioni, i sondaggi dell’opinione pubblica sembrano indicare un notevole vantaggio dei conservatori e probabilmente questa è la ragione che ha spinto il leader laburista, Margaret Thatcher, ad accelerare i tempi della crisi. Ma le precedenti elezioni dovrebbero insegnare a non prendere troppo alla lettera questi calcoli. I tories tuttavia sono impazienti di andare al governo e temono che il tempo lavori a favore di Callaghan.
Alla vigilia del voto il premier aveva risposto assai duramente ad una lunga arringa della signora Thatcher che accusava il governo laburista di tutti i mali che travagliano oggi la Gran Bretagna. Iniziatosi con un pesante attacco contro il fronte delle opposizioni, l’intervento di Callaghan questa notte veniva definito a Londra «un discorso elettorale».
Note: (1) Il 1° marzo si era svolto nella Scozia e nel Galles un referendum per l’istituzione (nel caso della Scozia per la restaurazione) di Parlamenti regionali. Il voto decisivo era quello scozzese: se l’istituzione del Parlamento regionale, pur approvata a maggioranza, non avesse raccolto almeno il 40 per cento dei voti dell’elettorato – indipendentemente dal numero dei votanti – l’istituzione del Parlamento regionale sarebbe dipesa da un riconoscimento autonomo del ministro dell’Interno. Così, quando il 1° marzo, solo il 32 per cento degli scozzesi votò per il Parlamento regionale, il partito laburista si spaccò e una quarantina di deputati fecero sapere a Callaghan che non avrebbero mai accettato alcuna «frammentazione» del Regno Unito. L’ovvia conseguenza di questa polemica fu che i nazionalisti scozzesi, il cui appoggio era essenziale per la sopravvivenza del governo, presentarono una mozione di sfiducia. (2) Jeremy Thorpe guidò il partito liberale britannico dal 1967 al 1976, anno in cui la sua carriera politica fu rovinata dallo «scandalo». Thorpe, infatti, venne accusato di aver tentato di far uccidere Norman Scott, un ex fotomodello col quale avrebbe avuto una relazione amorosa. Processato nel giugno del ’79, l’ex leader liberale era stato assolto dall’accusa.