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 1979  maggio 17 Giovedì calendario

Biografia di Alberto Tedeschi

Alberto Tedeschi, Bologna 1908 – Milano 16 maggio 1979.
Ha vissuto, per tutta la vita, in mezzo a delitti e assassini, ha inventato i titoli più efferati, ha tradotto storie grondanti sangue e mistero, ed era rimasto l’uomo più solare, più mite e civile che si potesse incontrare. Di lui si potrebbero dire molte, cose: che ha imposto in Italia un «genere», quello  appunto che Arnoldo Mondadori chiamò, dal colore della copertina, «giallo»; che ha compilato un ricercatissimo dizionario della sua lingua prediletta, l’inglese, arricchendolo con i  tesori della sua conoscenza dello «slang»; che è stato un grande talent-scout di autori anche italiani, e sicuramente uno dei direttori di periodici durato più a lungo nel suo incarico. Ma ora che il suo posto nell’alveare niemeyriano di Segrate è rimasto vuoto, quello che voglio ricordare subito di Tedeschi è il calore umano con cui trattava tutti coloro che (ed erano schiere) si rivolgevano a lui per un aiuto, un consiglio.
Ha vissuto, per tutta la vita, in mezzo a delitti e assassini, ha inventato i titoli più efferati, ha tradotto storie grondanti sangue e mistero, ed era rimasto l’uomo più solare, più mite e civile che si potesse incontrare.
Si sa che, chiunque mastichi inglese, crede, erroneamente, di saper tradurre, soprattutto un «gialletto». Bene, Tedeschi era assediato da giovani, laureati o no, signore-bene,  disoccupati, che si offrivano come traduttori. Lui ascoltava ciascuno, con garbo. Puntava sui loro visi quei suoi occhi neri, curiosi e  vivacissimi, teneva, amabile e discreto, la sua  lezioncina sulle difficoltà del mestiere, poi  consegnava il compito, la «prova»; e quando, tornato, l’aspirante traduttore si vedeva scartato, era lui, il bocciato, a ringraziare per l’eleganza con la quale l’amico Tedeschi, non il professor Tedeschi, non il direttore  Tedeschi, l’aveva trattato e gli aveva magari, con una telefonata, trovato un altro lavoro
La vocazione di «editor» gli era nata  precocissima: a 19 anni, lasciato il «Parini» per guai familiari, stampava già, in proprio, un Wallace, L’uomo che sapeva. Arnoldo  Mondadori fiutò il successo e offri al ragazzo di dirigere la prima collana di gialli, che andò avanti sino al ’41 quando Mussolini ipso pensò di sopprimerla: i morti ammazzati dovevano esser solo quelli provocati dalla sua guerra... Nel ’47 i gialli tornarono nelle edicole. E ci rimasero.
Ironico e modesto. Tedeschi  amava dichiarare d’esser rimasto sempre innamorato del suo genere perché non era uno di quei lettori sagaci che alla ventesima pagina sanno chi è l’assassino: lui doveva arrivare alla fine, per scoprirlo. Fedele a una sua etica, rifiutò di pubblicare Spillane, perché violento. Tra gli investigatori amava soprattutto Nero Wolfe; fra gli autori, oltre a Rex Stout, Ellery Queen e Westlake, una delle sue tante scoperte. Aveva voluto recarsi negli Stati Uniti, in aprile, a ritirare il «Raven», per nave, com’era andato la prima volta, nel 1939. Sul ponte di prima, avvolto nel plaid, avrà chiacchierato con qualche passeggero alla Philo Vance, con qualche fantasma della sua giovinezza
Alfredo Barberis