15 febbraio 1979
Tutti negano di aver preso parte all’omicidio dell’ambasciatore americano a Kabul
I capi dell’opposizione musulmana al regime filosovietico dell’Afghanistan negano da aver sequestrato l’ambasciatore americano a Kabul Adolph Dubs. Negano qualunque coinvolgimento anche i sovietici, a cui gli americani hanno invece presentato una nota di protesta. «A Kabul intanto regna la più assoluta confusione sulle conseguenze che l’assassinio avrà per il regime afgano. Il maggior numero di congetture ha come tema le richieste fatte dai sequestratori per acconsentire al rilascio dell’ostaggio. Dall’aprile del 1978, data del colpo di Stato, l «consiglieri» dell’URSS hanno assunto il comando di quasi tutti i reparti della polizia e dell’amministrazione civile. "Ormai — mi ha detto un diplomatico accreditato a Kabul — in Afghanistan non si prende alcuna decisione senza il nullaosta sovietico. Ma la partecipazione dei russi agli avvenimenti culminati nella morte dell’ambasciatore americano è stata più scoperta del solito». I sovietici stanziatisi in Afghanistan con l’avvento del regime di Taraki sono parecchie migliaia (si parla di 5.000 secondo informazioni di fonte occidentale su una popolazione complessiva dt 17 milioni). Di recente, forze insurrezionali musulmane hanno dichiarato di essere state "aggredite da reparti dell’armata rossa» e di aver ucciso cinque ufficiali sovietici. Questo "intervento fraterno" di truppe regolari russe in territorio afghano, in realtà, può avere avuto luogo con la copertura giuridica del "Trattato di amicizia e cooperazione» concluso di recente da Taraki con Mosca, che di fatto ha trasformato l’Afghanistan in un virtuale protettorato dell’URSS» (Bruce Loudon, Daily Telegraph e Corriere della Sera del 16 febbraio)