20 maggio 1979
Come costringere gli americani a consumare meno?
Pochi giorni fa, James Reston scriveva sul New York Times che cercare il capro espiatorio (una parola sola, «scapeagoatting») è ora il massimo gioco a Washington: «Nessuno sa come distribuire la benzina, ma tutti sanno come distribuire il biasimo. Il presidente Carter biasima il Congresso perché ha respinto il suo piano di razionamenti, il Congresso biasima lui per aver proposto un piano sbagliato nel momento sbagliato». E a Sacramento, nella California in cui si percorrono 120 miglia per un invito a cena oltreché per praticare una professione, già cominciano le minacce a mano armata per qualche gallone in più. È possibile distribuire carte di razionamento secondo il numero di automobili per famiglia? Chiunque può comprare automobili usate e ottenere tagliandi per qualche vecchio relitto che non userà mai, sapendo che il controllo pubblico dell’intero mercato richiederebbe un’economia da stato d’assedio. È possibile ridurre i consumi aumentando i prezzi dei carburanti, ma senza provocare più alti tassi d’inflazione? Non aumentare i prezzi, rinunciando al razionamento, sarebbe tuttavia cedere pur sempre all’inflazione indotta dal peso maggiore delle importazioni di petrolio sulla bilancia valutaria. Ma come persuadere la gente, senza costrizioni dirette e indirette, a starsene più quieta o andarsene a piedi, economizzando inoltre l’elettricità prodotta dalle centrali termiche a petrolio? Simili questioni ormai sono controverse in tutte le società industriali, dipendenti dall’energia come grandi o piccoli luna-park (Alberto Ronchey sul Corriere della Sera).