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 1979  febbraio 18 Domenica calendario

L’Opec e il traffici mondiale del petrolio (nel 1979)

La produzione di petrolio e gas naturale è concentrata in  quattro principali zone geopolitiche del mondo: il Medio Oriente, il Centro e Sud America, l’America del Nord, l’Asia. L’Opec, l’organizzazione dei maggiori paesi esportatori che controlla oltre due terzi delle riserve accertate di petrolio e di gas naturale e ne produce oltre la metà, raccoglie sette paesi arabi (Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi Uniti,  Qatar, Irak, Libia, Algeria), due paesi africani (Gabon, Nigeria), due  sudamericani (Venezuela, Equador) e due asiatici (Iran, Indonesia). Le zone di influenza politica sono comunque’molto diversificate: un gruppo di paesi arabi legati militarmente ed economicamente alle potenze occidentali (quelli che si trovano nella Penisola araba) costituisce la leadership ideale dell’Opec; Venezuela, Equador, Nigeria e  finora l’Iran sono allineati su questo fronte. I «falchi», che hanno rapporti stretti con l’Unione Sovietica o comunque seguono una politica  indipendente, sono Irak, Libia, Algeria.
L’Opec ha esportato l’ànno  scorso circa 30 milioni di barili al giorno. Il maggiore produttore è stata  l’Arabia Saudita (8,5 milioni di barili, equivalenti al 15% di tutta la  produzione mondiale), seguita dall’Iran con 5,7 milioni (9,3%). Tutti gli altri membri dell’Organizzazione  coprono una quota della produzione mondiale variante tra il 3 e il 4 per cento. Soltanto il Qatar fino a poco tempo fa registrava una presenza inferiore all’1% e quindi, secondo lo statuto dell’Opec, non avrebbe potuto farne parte. È l’Unione Sovietica il maggiore produttore del mondo. Ad oltre il milioni di barili al giorno è ammontata la sua produzione nel 1977 (ultimi dati disponibili), corrispondenti al 17,8% del greggio estratto nel  mondo. Tuttavia, una piccola parte di questa produzione è destinata tutt’oggi alle esportazioni in cambio soprattutto di tecnologia e valuta pregiata. Una quota molto  consistente viene fornita ai paesi satelliti del Comecon ad un prezzo eguale a quello medio effettivo in vigore nei tre anni precedenti sul mercato in  ternazionale. Il petrolio sovietico – soprattutto per quanto riguarda i nuovi giacimenti – ha un costo di estrazione elevato in quanto si trova soprattutto nelle regioni siberiane e deve essere pompato in superficie e trasportato in condizioni  meteorologiche molto severe. Gli impegni presi riguardo alle forniture ai paesi dell’area socialista, i crescenti costi di produzione e la necessità di  acquistare nuova tecnologia obblighe  ranno l’Urss ad approvvigionarsi fortemente all’estero fin dal prassi  mo decennio. Per ora gli acquisti riguardano in gran parte il gas naturale che giunge via metanodotto dall’Iran. Il secondo maggiore produttore al mondo,, davanti anche.. all’Arabia Saudita, sono gli Stati Uniti con 9,8 milioni di barili al giorno nel 1978 (15,3%). Ma gli Stati Uniti, che sono anche i massimi consumatori di energia al mondo, si pongono in testa alla graduatoria degli importatori con 8 milioni di barili provenienti soprattutto dal Venezuela e dalla Penisola araba. Il vorticoso  aumento dei consumi energetici nei prossimi anni costringerà gli Usa ad approvvigionarsi anche da paesi che non fanno parte dell’Opec: Messico e Alaska forniscono già oggi notevoli quantitativi di greggio agli Usa. Trattative sono in corso per aumentare gli acquisti da questi paesi a cominciare dalla Cina.
I «nuovi» produttori.  Paradossalmente tra questi bisognerebbe includere proprio gli Stati Uniti. Sebbene siano già al secondo posto della graduatoria mondiale, gli Stati Uniti dispongono di un’industria petrolifera destinata a svilupparsi enormemente e daranno un contributo notevole al grado di autosufficienza energetica del paese quando il greggio mediorientale comincerà a scarseggiare. Nel 1979 entreranno in funzione ben 5 mila nuovi pozzi di petrolio negli Usa. Un termine di paragone può essere il fatto che in tutto il Mare del Nord – dove si produce il 2% del petrolio mondiale – ne esistono poco più di 400. L’«esplosione» del greggio  americano avverrà quando i prezzi della produzione interna saranno liberalizzati. Attualmente sono sotto controllo amministrativo in modo da mantenerli più bassi di quelli Opec e non dare cosi all’Organizzazione degli esportatori eccessiva libertà di manovra. La Cina, che ha riserve petrolifere per 20 miliardi di barili (più o meno quanto è stato  accertato che ve ne siano nel Mare del Nord) e il Messico (che produce già 1,5 milioni di barili al giorno) sono gli altri due futuri «giganti» del petrolio. Il business petrolifero, è stato detto, è un fatto più politico che economico. Tale affermazione è tornata prepotentemente di attualità in.questigiprni quandp.si.sono fatte agitate te acque del Golfo Persico (o Arabico). Da qui passano 21 milioni di barili al giorno sulle petroliere che seguono la rotta del Capo e, per 22 mila miglia, navigano 65 giorni alla volta dei mercati europei ed americani. Le due rive del Golfo, una zona che racchiude dentro di sé il 56% delle riserve mondiali di greggio ed il 25% di quelle di gas naturale, sono difese dai più  moderni eserciti che esistano al mondo. Dal petrolio proveniente da questa striscia di mare Giappone. Sud Africa e Israele dipendono per il 90%, l’Europa per il 75% gli Stati Uniti per il 35% del loro approvvigionamento. È su queste rotte che passa, in un vorticoso intreccio di navi da guerra e di petroliere, la linfa vitale dello sviluppo economico di tutto il  mondo non comunista
Paolo Glisenti