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 1979  novembre 28 Mercoledì calendario

Gli Stati Uniti grandi produttori di grano

I Paesi industrializzati (Stati Uniti in prima fila) stanno riscoprendo l’agricoltura. È un dato di fatto importante; è una risposta alla crisi economica generale, dai contorni sempre più marcati. La  risposta ha molte motivazioni, politiche ed economiche. I prodotti agricoli costituiscono per gli Stati Uniti un deterrente», una «forza d’urto» e di «convinzione» in termini economici nei riguardi dei Paesi socialisti e di alcuni grandi «signori del petrolio». Gli USA coltivano, producono, esportano a prezzi concorrenziali (273  milioni di prodotti cerealicoli nel 1977): intendono sfruttare  appieno le loro capacità  d’industrializzare l’agricoltura, di utilizzare il loro immenso  «petrolio verde» che diventa cosi anch’esso un’arma economica non secondaria (le  esportazioni di prodotti cerealicoli  superano i 100 milioni di  tonnellate; nessun altro Paese è in  grado di soddisfare la domanda di Paesi come l’URSS). La  crisi energetica ha da parte sua innescato una rivoluzione fra i prezzi dei prodotti agricoli sul mercato mondiale: ogni  possibile risorsa della terra va quindi esaltata e utilizzata  economicamente, immessa sul mercato a prezzi competitivi. Grano e granoturco in cambio di petrolio. Né basta. Produrre più beni industriali e servizi sofisticati comporta in parallelo maggior consumo di energia. L’equazione non vale in  agricoltura: la terra produce  bruciando poca energia (il rapporto è di 2 a 9 fra l’energia  consumata ed il prodotto lordo vendibile ottenuto). E non va  parimenti dimenticato che  l’agricoltura è essa stessa produttrice di biogas o può diventarlo (il  discorso è di convenienza economica: basti pensare all’alcool che può essere estratto dalle barbabietole, dalle patate, dall’uva) (Alberto Mucci sul Corriere della Sera).