10 marzo 1979
I pochi freni alla spesa pubblica non bastano
«Siamo in un momento ovattato dal benessere contingente. L’avanzo della bilancia dei pagamenti è largo (7 mila miliardi); le riserve valutarie elevate (9 mila miliardi, escluso l’oro); il credito internazionale dell’Italia ristabilito. La stessa crisi governativa non ha alimentato ondate speculative sulla lira: la calma regna sovrana, se si escludono le tensioni, peraltro di carattere generale, connesse alla crisi petrolifera iraniana. Ma è assurdo cullarsi nell’illusione delle apparenze. Il «problema SME» resta ed occorre domandarsi subito che cosa fare per restar nel nuovo sistema. Perché è chiaro che lo SME non si trasforma, almeno per noi, in una realtà effettuale in assenza di politiche economiche convergenti a livello europeo. La legge finanziaria, collegata al bilancio ’79, ha introdotto qualche limitato freno nella spesa pubblica: poco più di mille miliardi alla voce pensioni (a fronte dei 2 mila previsti); 500 miliardi nella spesa sanitaria, compreso il ticket sui farmaci (mentre l’ipotesi partiva da un risparmio di 1.100 miliardi); 300 miliardi nell’ambito degli enti locali (si era parlato di almeno 500 miliardi). La dinamica tendenziale all’aumento è stata appena scalfita. Mentre la spesa per investimenti, con un’accelerazione indicata in 1.600 miliardi, è ancora al palo, legata alle procedure burocratiche tipiche dell’amministrazione italiana. Nulla di fatto per il costo del lavoro e per la mobilità. Le trattative contrattuali sono in corso, ma anch’esse viaggiano su un binario morto» (Alberto Mucci, Corriere della Sera)