6 aprile 1979
Rodotà accetta di candidarsi in Parlamento come indipendente nelle liste del Pci
«Erano i tardi anni 70, gli anni di piombo, io ero convintamente garantista. Ricordo un articolo di Paolo Mieli sull’Espresso in cui prendeva in giro il partito dei garantisti: ‘Segretario Mancini, vicesegretario Rodotà’. Erano momenti difficili di minacce e accuse, mi dicevano ‘difensore dei terroristi’. Luigi mi dice che l’altro Berlinguer, Enrico, mi vuole vedere per propormi una candidatura. Ma io volevo incontrare Pecchioli, che era esattamente dall’altra parte. Il 6 aprile 1979 entro per la prima volta a Botteghe Oscure. E gli dico: ‘Senta voglio capire i motivi di questa offerta, visto che ho preso posizioni pubbliche molto nette, facendo nomi e cognomi tra cui il suo’. Pecchioli mi dice: ‘In questo momento le tue posizioni su diritti e garanzie ci interessano. Però se tu avessi preso posizioni diverse sul caso Moro, non te lo avremmo chiesto’. Ero stato anch’io, come Repubblica, sostenitore della linea della fermezza, cioè ero contrario a ogni trattativa con i terroristi. Il che non mi aveva impedito di avere rapporti con la famiglia quando si cercò la via di una trattativa non con lo Stato, ma tramite terzi, come la Croce Rossa. L’idea di andare in Parlamento m’interessava: un giurista ha delle carte da giocarsi. Così decido di candidarmi» (testimonianza di Stefano Rodotà. Leggi qui tutta l’intervista).