Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  marzo 11 Sabato calendario

Sciamane, cavalli, tangenti: finisce in aula l’era buia di Park

È finita nel disonore la storia di Park Geun-hye, la prima presidente della Corea del Sud. «Ha continuamente violato la legge e la Costituzione e ha tradito la fiducia del popolo» dice il verdetto della Suprema Corte che all’unanimità ha votato per la destituzione immediata aprendo la strada a un processo penale. Estorsione, corruzione, abuso di potere, rivelazione di segreti d’ufficio e fuga dalle responsabilità sono le sue colpe. «Nemica della democrazia» l’ha definita la pubblica accusa. Park è stata travolta dai rapporti con Choi Soon-sil, amica del cuore, consigliera ombra (nonché appassionata di occultismo tanto da essere definita sciamana) e architetta di un sistema di corruzione che coinvolgeva i grandi gruppi industriali in uno scambio tra tangenti e favori governativi.
Park Geun-hye, 65 anni, lascia un Paese in crisi morale, politica e internazionale, mentre la Nord Corea continua la sua corsa alle armi di distruzione di massa. La Repubblica di Corea, undicesima potenza mondiale per Prodotto interno lordo, andrà alle urne entro 60 giorni in un clima avvelenato dalle proteste: ieri, dopo la sentenza, sostenitori di Park si sono scontrati con la polizia lasciando due morti in strada. La campagna elettorale comincia mentre il leader del più grande gruppo industriale del Paese, Samsung che vale il 15% del suo Pil, viene processato con l’accusa di aver approfittato della corruzione che faceva capo alla presidente. La Corte ha accertato che Choi Soon-sil, in segreto, scriveva o correggeva i discorsi presidenziali, aveva accesso a tutti i documenti politici riservati. Questa «nuova Rasputin» è accusata di aver sfruttato il suo potere di controllo sulla presidente per estorcere «donazioni» dai gruppi industriali del Paese, Samsung in testa: 69 milioni di dollari convogliati in due fondazioni che Choi amministrava con il consenso di Park.
Choi, 60 anni, è figlia di un ex poliziotto trasformatosi in santone e capo di una setta, diventato mentore della famiglia Park negli Anni 70. Una famiglia storica quella di Park: il padre, il generale Park Chung-hee, prese il potere con un golpe nel 1961 e avviò la modernizzazione del Paese. Cercarono di assassinarlo una prima volta nel 1974, e nell’attentato fu uccisa la moglie. Il vecchio santone allora promise alla giovane Park di metterla in contatto con lo spirito della madre morta. Nel 1979 il generale-presidente fu eliminato in un altro agguato: funzionava così la Corea di allora, tra golpe, dittature e complotti. Choi, alla morte del padre-santone, nel 1994, avrebbe ereditato l’ascendente fatale nei confronti della futura presidente.
Park nel 2012 vinse le elezioni sull’onda di una certa nostalgia popolare per i tempi andati. Ma dietro aveva la burattinaia Choi e ora appare come una figura psicologicamente labile. Così insensibile da essere scomparsa dalla scena per ore nel 2014 mentre un traghetto con 300 studenti in gita affondava: pare che fosse dal parrucchiere. Forse è per un moto d’orgoglio femminile che ieri Lee Jung-mi, la presidente della Corte costituzionale, è arrivata in aula con i bigodini rosa in testa: non aveva tempo da perdere mentre preparava la sentenza.
Park, destituita, è rimasta nella Casa Blu, il palazzo presidenziale. L’ex presidente sostiene di non aver saputo di quei 69 milioni dati all’amica dalle industrie. Ma è certo che ha incontrato per due volte da sola Lee Jae-yong, capo di Samsung, quello che ha versato più di tutti: 37 milioni. Arrestato, è sotto processo. Lui nega, dice che Samsung dona ogni anno un sacco di soldi ad associazioni benefiche senza ricevere niente in cambio. Ha detto di aver avallato anche il regalo di un purosangue da 830 mila dollari alla figlia di Choi. E il governo di Park votò a favore di una spregiudicata operazione aziendale che diede tutti i poteri a Lee Jae-yong, a danno degli altri azionisti compreso lo Stato. Un intreccio di corruzione devastante, ma la destituzione di Park e il processo a Lee mostrano anche il volto di una democrazia che per la prima volta vuole fare i conti con il passato e con il presente.