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 2017  marzo 12 Domenica calendario

Botte da orbi a Napoli per il comizio di Salvini

Sarebbe bello discutere a mente libera su Salvini e il Mezzogiorno d’Italia, ma ci sono stati parecchi incidenti, e la cronaca viene prima di tutto.  

Sentiamo.
Salvini ha parlato ieri a Napoli, dopo una sequenza di insulti e di incertezze e di prese di posizioni politiche al calor bianco. Il capo della Lega aveva chiesto il Palacongressi nella Mostra d’Oltremare e il prefetto Carmela Pagano gliel’aveva concesso, ma la struttura sta sotto la giurisdizione del Comune e De Magistris ha fatto subito sapere - con dichiarazione pubblica - che il Comune di Napoli non era disposto a concedere uno spazio a un politico che aveva fatto - almeno fino a poco tempo fa - dell’antimeridionalismo e dell’antinapoletanismo la sua ragion d’essere. Il prefetto ha dunque ritirato la disponibilità dell’Oltremare, con lidea che al comizio del leader leghista si trovasse un’altra collocazione, ma a questo punto - poiché alle dichiarazioni tempestose di De Magistris corrispondevano altrettanti ruggiti di Salvini - lo stesso ministro dell’Interno Marco Minniti è intervenuto con una telefonata alla Pagano, in cui ha spiegato che non era ammissibile, Costituzione alla mano, negare uno spazio e un diritto di parola a un leader politico. E perciò la Pagano ha nuovamente concesso il Palacongressi, mentre tutto l’antagonismo cittadino insorgeva e De Magistris si buttava a pesce in questi marosi nei quali sa nuotare benissimo. Ieri, poco prima dell’arrivo di Salvini, ha platealmente dichiarato: «Il sindaco e l’amministrazione comunale, azionisti di maggioranza dell’Ente, e i vertici dell’Ente stesso stanno stilando un verbale nel quale si stabilisce la consegna delle chiavi della Mostra d’Oltremare alla Questura, delegata dal Governo e dalla Prefettura, allo svolgimento della manifestazione. Noi non disponiamo più della Mostra». Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, s’è espresso invece in altro tono, manifestando solidarietà al leader leghista.  

Veniamo agli incidenti.
È cominciato tutto con due bombe carta lanciate vicino al commissariato di polizia di Fuorigrotta mentre era in corso un corteo (non più di duemila persone). La polizia, in assetto anti-sommossa, ha risposto con lacrimogeni e getti d’acqua. Quegli altri tiravano pietre e petardi. Questa specie di guerriglia s’è spostata poi in piazzale Tecchio e davanti alla stazione dei Campi Flegrei. I manifestanti, la faccia coperta da maschere di Pulcinella, si sono messi a rovesciare cassonetti e a lanciare molotov. Testimoni raccontano che alcuni di loro impugnavano bastoni e s’erano forse fatti le ossa nella militanza ultrà. Idranti e lacrimogeni sono riusciti a spezzare il manipolo di contestatori, ma gruppi e gruppetti si sono allora spostati in altri punti della città, per esempio a via Giulio Cesare, dove è stato dato l’assalto a una camionetta dei carabinieri e sono volate anche manganellate. Alle 18 era tutto finito. Sono stati fermati cinque uomini. L’idea è che alla protesta per l’arrivo di Salvini si sia intrecciata la solita manovalanza di appassionati delle botte, che corrono ovunque ci sia da darsele.  

Salvini ha parlato o no?
Sì, ha parlato dove aveva chiesto di parlare, e davanti a un nutrito pubblico di meridionali leghisti accorsi o fatti accorrere un po’ da tutte le province. Ha attaccato De Magistris e sulla sua conversione al meridionalismo ha detto: «Vent’anni fa, quando ho preso la tessera della Lega, l’Italia era diversa, ora l’Italia deve vincere tutta insieme e Napoli e il Sud sono troppo importanti per lasciarli in mano ai de Magistris o ai Crocetta di turno. Napoli era una capitale mondiale prima che il centralismo romano negasse tutto e derubasse tutti e quindi penso che valorizzare questa Italia che è lunga e diversa sia importante. Vent’anni fa, quando ho fatto la tessera della Lega, avevamo in tasca la lira, non c’era l’Isis, l’immigrazione era fuori controllo, non c’era la legge Fornero, era un’Italia diversa. Io voglio parlare con i napoletani che sono fuori da questa sala e che non credono più a Renzi, de Magistris, Emiliano, a tutti questi chiacchieroni».  

Beh, perché no?
Certo. Solo che il famoso «Napoli merda» Salvini l’ha detto non vent’anni fa, ma nel 2009. Ci sono le registrazioni tv. E, anche accettando la tesi neoborbonica del Sud depredato, gli autori del saccheggio non sono stati i romani, ma proprio i nordisti piemontesi. Roma è diventata capitale d’Italia nel 1871, la guerra civile con i briganti meridionali e i licenziati senza appello dell’esercito borbonico è durata dal 1861 al 1865. Salvini la sua laurea in storia farebbe bene a prendersela.  

Come si spiega la conversione del leader leghista alla patria e al Sud?
La crisi di Berlusconi e di Forza Italia ha lasciato libero il campo del centro-destra e Salvini guerreggia per conquistarlo anche nel Mezzogiorno (dove comunque si presenta con un’altra sigla: Noi con Salvini). La polemica antimeridionalista risulta assai meno seducente della guerra all’Europa. Idem per le parole d’ordine contro gli immigrati e le tasse. Ci sono poi gli esempi della Le Pen, di Trump e degli altri loro simili. Nessuno di loro è un leader locale. Sono tutti leader nazionali.