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 2017  marzo 11 Sabato calendario

Seul destituisce Park. Al voto tra le violenze

La conferma da parte della Corte Costituzionale sudcoreana dell’impeachment per corruzione della presidente Park Geun-hye, che ieri ha scatenato proteste di piazza a Seul con 2 morti e decine di feriti, avrà rapide ripercussioni negli equilibri di potere non solo all’interno della penisola, ma probabilmente anche a Pechino e a Washington.
Già questo scandalo dai contorni grotteschi, con la mano plagiatrice di una misteriosa sciamana, ora incarcerata, e l’arresto del numero uno della Samsung, ha scosso profondamente la Corea del Sud, spaccando l’opinione pubblica e spingendo negli ultimi due mesi centinaia di migliaia di manifestanti a occupare le piazze con proteste e scontri. Ma l’impeachment, votato il 9 dicembre scorso al Parlamento e confermato ieri, rischia di alterare molti equilibri di potere già tra due mesi, quando si terranno nuove elezioni come previsto dalla Costituzione.
Corsa contro il tempo
È per questo che il presidente americano Donald Trump sta affrettando l’istallazione in Corea del Sud del sistema missilistico di difesa Thaad (Terminal High Altitude Area Defense), prima che gli elettori si scelgano un nuovo presidente. Nell’interim, il primo ministro Hwang Kyo agirà come presidente pro-tempore ed è quasi certo che si candiderà per andare a occupare la Casa Blu, sede presidenziale dove ieri la Park Guen-hye è rimasta asserragliata «per motivi di sicurezza», impossibilitata a rientrare nel lussuoso quartiere di Gangnam. Comprensibile che sia recalcitrante poiché, oltre alle piazze, metà inferocite e metà insorte in sua difesa, ora che è spogliata dell’immunità rischia processi per corruzione, estorsione e abusi di potere in combutta con l’amica Choi Soon-Sil, con pene di decine di anni di reclusione.
È una catastrofe per il partito conservatore che aveva puntato tutto su questa leader politica, giocandosi la carta anti-comunista, e spingendo alla presidenza la figlia del dittatore dell’era della Guerra Fredda, Park Chung-hee. Ma il governo della presidente, com’è emerso dalle indagini, perpetrava il solito sistema di nepotismo e corruttela tipico del «chaebol», i conglomerati di famiglia che operano con un sistema di favori e business tra parenti.
L’inchiesta difatti ha svelato un sistema di tangenti estorte a Hyundai, Lg e Sk mentre la Samsung avrebbe addirittura pagato 17 milioni di dollari alla fondazione della sciamana, soprannominata la Rasputin sudcoreana.
La riscossa della sinistra
Ora lo sfidante Moon Jae-in, leader del Partito Democratico, promette di fare pulizia e di riportare la sinistra al potere dopo dieci anni. Ed ha buone possibilità, avendo già il 36 per cento dei consensi nei sondaggi dov’è in testa da quando è scoppiato lo scandalo.
Questo potrebbe significare, come commenta Trinh Nguyen, economista del Natixis, «che siamo alla fine della saga, e finalmente si affronterà la riforma del lavoro e si calmeranno le tensioni geopolitiche». Infatti la Cina protesta vivacemente e da tempo contro l’istallazione del sistema Thaad, poiché sostiene che consentirebbe di spiare i suoi territori, oltre alle minacce missilistiche della Corea del Nord da dove, di nuovo, in questi giorni sono partiti minacciosi missili «di prova».
Il leader della sinistra Moon Jae-in ha già criticato la fretta di Trump nell’installare il Thaad. «Accelerare lo schieramento dei missili lascerà poco spazio alla diplomazia del prossimo governo, che credo prenderà, in merito, una decisione razionale negli interessi della sicurezza e dell’economia, consultando sia gli Usa che la Cina».
La «politica del sole»
Dopo l’impeachment di Park, un ritorno al potere della sinistra con il Partito Democratico significherebbe probabilmente ricominciare l’antica «politica del sole», con aiuti e scambi commerciali con la Corea del Nord e aperture verso la Cina.
Mossa pericolosa per Washington che già vede le Filippine avvicinarsi a Pechino e perderebbe così un’altra posizione strategica importantissima, in questo momento, nello scenario asiatico.