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 2017  febbraio 05 Domenica calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 124 (Le donne erediteranno la terra)Vedi Biblioteca in scheda: manca Vedi Database in scheda: manca   LA CREATURA DELLA DEA CURA E LA VOLONTÀ DI SANTA CATERINA – Felici

LIBRO IN GOCCE NUMERO 124 (Le donne erediteranno la terra)

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LA CREATURA DELLA DEA CURA E LA VOLONTÀ DI SANTA CATERINA –
Felici. «Vogliano le donne felici dei tempi a venire rivolgere il pensiero alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata, felicità» (Cristina Trivulzio Di Belgioioso).
Cura. Cura, la dea dell’aiuto e dell’inquietudine, premurosa e insieme angosciosa, un giorno passando un fiume fu attratta dal fango, lo plasmò, ne trasse una creatura. Chiese a Giove di infonderle lo spirito vitale. Ma quando si trattò di darle un nome, sia Cura, sia Giove, sia la Terra pretendevano di imporle il proprio. Fu chiamato a fare da arbitro Saturno, che così decise: dopo la morte l’anima della creatura andrà a Giove, e il corpo alla Terra; ma finché vivrà, apparterrà a Cura. E il suo nome sarà uomo, come l’humus con cui Cura l’aveva creato.
Omero. Secondo lo scrittore inglese Samuel Butler, Omero era una giovane siciliana che descriveva le Egadi come se fossero le isole Ionie, il proprio mare come se fosse quello di Ulisse. Seguendo questa visione Trapani sarebbe il regno dei Feaci, Erice la terra dei Ciclopi, Favignana l’isola delle Capre e lo scoglio del Malconsiglio la roccia su cui Poseidone trasformò la nave di Alcinoo.
Pittore. Walter Keane, pittore mediocre, si appropriò dei quadri dipinti dalla moglie Margaret – volti di bambine dagli occhi grandi –, e diventò miliardario, fino a quando lei non gli fece causa. C’era un solo modo per stabilire chi mentisse: il giudice fece predisporre in aula due cavalletti e ordinò ai due contendenti di dipingere una bambina dagli occhi grandi. Lui simulò un malore. Lei in pochi minuti dipinse la bambina dagli occhi grandi.
Panthéon. La prima donna a essere sepolta nel Panthéon a Parigi fu la sconosciuta Sophie Niaudet, una signora che ebbe l’unico merito di sposare Marcellin Berthelot, scienziato e politico dell’Ottocento francese. Berthelot aveva più volte proclamato che non avrebbe voluto sopravvivere un solo minuto all’amatissima moglie. In effetti, mezz’ora dopo la morte di Sophie, fu accontentato da un attacco cardiaco. Il governo stabilì di seppellirlo al Panthéon, ma non osò separare la sua salma da quella della sposa. Da qui il primato di Sophie Niaudet. Il Primo ministro Clemenceau, che non amava la smania di incarichi del defunto, compose per lui un impietoso epitaffio: «Qui giace Marcellin Berthelot. Questo è l’unico posto che non abbia mai sollecitato».
Tiresia. Un giorno Zeus ed Era litigarono su una questione di cui moltissime coppie hanno discusso: nell’atto dell’amore gode di più l’uomo o la donna? Il re degli dèi sosteneva che godesse di più la donna; la regina che godesse di più l’uomo. C’era un solo modo per risolvere il dilemma: chiedere all’unica persona che fosse stata nella vita sia maschio sia femmina: Tiresia. Interpellato da Zeus, Tiresia rispose che il piacere sessuale si divide in dieci parti: all’uomo ne spetta una, alla donna nove.
Caterina. Santa Caterina da Siena ebbe la prima visione a sei anni. Rifiutò di sposarsi, e per tutta la vita si inflisse ogni genere di sofferenza: non dormiva per giorni interi, si frustava con catene di ferro tre volte al giorno, portava il cilicio, si coricava su un asse di legno. Mangiava solo pane e
verdure crude. A un certo punto, si lasciò affascinare dall’idea di morire a 33 anni, come Gesù, smise di mangiare e di bere e spirò.
Cavalieri. «Se cediamo, se gli diamo il minimo appiglio, non ci sarà più un mestiere che queste, con la loro ostinazione, non riusciranno a fare. Costruiranno navi, vorranno navigare, combattere per mare... Se poi si mettono a cavalcare, è la fine dei cavalieri» (Aristofane, Lisistrata).
Callas. La Callas a dieta scriveva su un calendario le opere che aveva interpretato annotando il suo peso: Gioconda alla Scala (92 chili), Aida all’Arena (87), Norma a Trieste (80), Medea alla Scala (78), Lucia di Lammermoor (75), Alceste (65).


Giorgio Dell’Arti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 5/2/2017