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 2016  dicembre 14 Mercoledì calendario

Chiudiamo Zelig, basta con la tv. Intervista a Luigi Vignali e Michele Mozzati


«A che stadio siete rispetto all’evoluzione dell’intellettuale o artista immaginata da Alberto Arbasino: “Arriva sempre il momento in cui si passa dalla categoria di bella promessa a quella di solito stronzo, solo a pochi fortunati l’età concede poi di accedere alla dignità di venerato maestro?».
Il più lesto a rubare il tempo della battuta è Michele: «Io sono già approdato al terzo, Gino invece è fermo al secondo».
Michele, il più alto tra i due, di cognome fa Mozzati. Gino è Luigi Vignali. Ma sono conosciuti solo con i loro nomi.
Un cursus honorum, quello della premiata ditta «Gino e Michele», autori comici, scopritori di talenti, che è iniziato nel 1976 a Radio Popolare e termina – almeno per quanto riguarda Zelig in tv – con le ultime quattro puntate celebrative ora in onda su Canale 5.

Quando avete scoperto le vostre affinità elettive?
«Al termine del liceo, metà anni Sessanta a Milano. Uno al classico, l’altro allo scientifico, una stessa passione: il cabaret, quello dei Gufi (la band di Roberto Brivio, Gianni Magni, Lino Patruno, Nanni Svampa, nda) e di Enzo Jannacci. Decidemmo di dar vita a un gruppo che si chiamava I bachi da sera, con cui ci esibimmo al Refettorio, il locale di Brivio che, più del Derby, è il vero ascendente di Zelig, il locale che nascerà nel maggio 1986 in viale Monza 140».

In mezzo c’è tanta altra roba: dagli anni Settanta a Radio Popolare, con Passati col rosso (che un anno fa avete riproposto addirittura in versione live al Piccolo Teatro di Milano), alla canzone scritta per Jannacci Ci vuole orecchio, al Drive In di Antonio Ricci, a Emilio con Zuzzurro e Gaspare, a I vicini di casa con i fratelli Bauscia, cioè Silvio Orlando e Teo Teocoli, fino all’apertura, con Giancarlo Bozzo, del vostro teatro-off.
«Molto gentile a nobilitarlo così. Non c’erano più di 60 posti. Una volta venne Pedro Almodóvar, che commentò: “Bello. Sembra una latteria di Bucarest”».
Battuta che oggi verrebbe definita politicamente scorretta, se non razzista. Zelig in tv però ci arriva in occasione del decimo compleanno, nel 1996.
«Sì, Buon compleanno Zelig, due puntate per Italia Uno. Può sembrare incredibile, visti i due decenni successivi, ma all’inizio dovemmo faticare perché il programma con i comici volevano che venisse fatto in uno studio televisivo. No: noi ritenevamo che gli artisti dovessero esibirsi su un palcoscenico e le telecamere riprenderli. Punto. Proprio come avviene con una partita di calcio».

Be’, talvolta può capitare di imbattersi in dirigenti tv non troppo flessibili, o un po’ ottusi.
«Per onestà dobbiamo aggiungere che siamo stati complessivamente fortunati. Abbiamo lavorato con i migliori su piazza: Giorgio Gori, Roberto Giovalli, Carlo Freccero, e Angelo Guglielmi, ai tempi di Su la testa! di Paolo Rossi».

Da Radio Popolare a Berlusconi, da Canale 5 alla «rossa» Rai Tre, e ritorno. Non vi siete fatti mancare niente.
«Sempre in un clima di grande autonomia e libertà. Quando una cosa non ci convinceva, ci astenevamo per decisione nostra. Come quando Guglielmi voleva farci fare il Bagaglino di sinistra. Dicemmo no. Solo una volta togliemmo una battuta di Gene Gnocchi nei Vicini di casa. Diceva: “A Milano 3 le zanzare sono così grosse che con la nebbia le fanno atterrare alla Malpensa”. Il produttore, temendo l’incazzatura di Berlusconi che in quel momento faceva fatica a vendere gli appartamenti, ci chiese di toglierla. Non ci parve un gran sacrificio». 

La prendo per buona. Liberi mercenari della risata. Del resto, sfogliando la raccolta Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano ho trovato una battuta di Beppe Grillo: «Io credo che un artista non si debba mai prostituire. Se non per denaro».
«Eheheh... L’ha detta, l’ha detta. E probabilmente ancora lo pensa. Vero è che certi pregiudizi sono duri a morire. Successe perfino a Sergio Staino, quando fece pubblicare le vignette di Bobo da Tv Sorrisi e canzoni. Lo massacrarono. E lui replicò serafico: “Guardate che ci sono molti più comunisti che leggono quel settimanale invece dell’Unità”».

A proposito di Grillo. Non voglio infilarmi in una disamina della stretta attualità, ma che effetto vi ha fatto, a pelle, vedere la foto di gruppo del nuovo governo?
«L’impressione di un suicidio politico. Un nuovo premier per un governo fotocopia, con le figurine spostate. C’erano altre soluzioni? Non c’erano alternative? In ogni caso, non pare proprio un bello spot per Matteo Renzi e il suo Pd. Un favore fatto al populismo e all’antipolitica».

E Silvio Berlusconi come lo vedete?
«Con rispetto: un quasi bisnonno che non accetta l’idea di invecchiare. E in ogni caso: tre quarti delle menzogne scritte da Repubblica su di lui erano vere. A scanso di equivoci, chiariamo anche che queste sono battute de Le cicale, un libro del 2010».

A Le cicale seguono Le formiche. Dalla prima versione del 1991, a cui ne sono seguite molte altre, in totale quante copie avete venduto?
«Un paio di milioni. Era nato come uno scherzo ai tempi di Drive In. Ci divertivamo a citare le battute che ci divertivano, oltre alle nostre, e ci rendemmo conto che esistevano un sacco di manuali, ma non un catalogo con il meglio dell’umorismo e della comicità. Dando a Cesare quel che è di Cesare, cioè con la doverosa attribuzione ai loro ideatori».

Daniele Luttazzi non si è comportato esattamente alla stessa maniera quanto a citazione delle fonti.
«Un grande battutista. Poi, forse per eccesso di lavoro, troppi impegni, troppi testi, ha dato l’impressione di una disinvoltura nel tagliare per i campi, prendendo delle scorciatoie. Ma pensiamo anche che abbia espiato abbastanza».

Perché niente più Zelig in tv?
«Perchè nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. E il cabaret si reincarnerà, come abbiamo già avuto occasione di dire. Oggi sembra che la comicità non possa prescindere dalla rete e da YouTube, ma anche i migliori non possono essere portati su un palco perché hanno tempi e linguaggi da web. Dopo di che, siamo tutt’altro che luddisti o passatisti. Anzi, consideriamo Spinoza (blog satirico collettivo, nda) un fenomeno di tutto rilievo, che grazie alle potenzialità virtuose di internet ha accelerato quel processo di raccolta e produzione di battute e aforismi che abbiamo sperimentato 25 anni fa con Le formiche: siamo stati quasi costretti ad aggiornare le varie edizioni con i suggerimenti e le proposte che ci mandavano i lettori».

Chiudiamo con una pagella. I tre migliori comici con cui avete lavorato.
«Paolo Rossi. Aldo, Giovanni e Giacomo. E Checco Zalone. Anche se è l’unico che ha disdegnato di comparire nelle ultime quattro puntate di Zelig, forse perché non aveva un pezzo pronto, gli vogliamo bene lo stesso».

La vostra battuta preferita?
(Michele) «Quella con cui abbiamo chiuso la prima edizione delle Formiche. Uno splendido caso di comicità involontaria: “La legge è uguale per tutti”». (Gino) «Lo so che può sembrare incredibile ma la vita di Berlusconi si basa su una storia vera».