Il Messaggero, 12 dicembre 2016
La nouvelle cuisine di Caterina
Era l’ottobre del 1533 quando Caterina de’ Medici, appena quattordicenne, lasciò la sua amata Firenze per arrivare a Marsiglia per sposare Enrico II d’Orléans futuro re di Francia anch’egli quattordicenne. Al suo seguito, tra paggi, dame di compagnia, frati e guardie pontificie, anche il proprio profumiere di fiducia, i suoi cuochi dal Mugello (i quali, secondo Pierre de Brantôme, nella Vie des femmes galantes, sapevano molto bene accoppiare le leccornie alla lubricità e a quanto e più la scienza medica conoscesse) e un gelataio da Urbino. Grazie ai cuochi e ai pasticceri che l’avevano seguita dalla corte fiorentina, la regina influenzò le trasformazioni già in atto nella rozza ma sfarzosa cucina francese, presentando ghiotte ricette e l’uso di posate come la forchetta.
Le cene in villa. Fra le influenze che Caterina ebbe sugli usi culinari d’Oltralpe ci sono celebri ricette che universalmente vengono considerate di tradizione francese e che invece provengono dalla corte medicea. Ebbene sì, la béchamel (besciamella), il canard à l’orange (anatra all’arancia), la soupe d’oignons (zuppa di cipolle) o le crêpes sono figlie della Toscana. Una grande ricerca in questa direzione è stata fatta da Michela Bottasso, la chef del ristorante Biagio Pignatta all’interno della tenuta di Artimino, in provincia di Prato. La Bottasso ha iniziato questa ricerca perché il cuore nevralgico della tenuta è la famosa Villa medicea La Ferdinanda, nota anche come Villa dei cento camini, costruita nel 1596 per volere di Ferdinando I dei Medici su disegno di Bernardo Buontalenti e inserita nella lista dei beni patrimonio Unesco.
«Nel 2007 ricorda Michela ho iniziato a studiare la storia per organizzare delle cene a tema mediceo. In quel frangente mi imbattei nella figura di Caterina. Tutto è partito dall’anatra all’arancia e pian piano mi accorsi che piatti che da sempre avevo ritenuto tipici francesi in realtà erano toscanissimi».
La lista è vastissima e comprende lo stiracchio (un bollito che in Italia viene chiamato, appunto, francesina e Oltralpe il boeuf miroton) o la carabaccia (la zuppa di cipolle che passate le Alpi diventerà la soupe d’oignons) fino alla acqua ghiacciata (l’antenato del gelato). Ma le più celebri sono l’anatra all’arancia alla Caterina (arrivata in Francia come papero alla melangola dal nome antico del melograno), la besciamella (che a Firenze chiamavano salsa colla) e le omelette, che in riva all’Arno erano già note come le pezzole della nonna. «Sempre con le uova continua Michela ci sono le crêpes, versione francese del pescovo. Una sorta di frittatine ripiene di ricotta e spinaci e ricoperte di besciamella. Anche lo zuccotto, chiamato l’elmo di Caterina, è una rivisitazione di un dolce fatto con frutta ghiacciata e zabaione che in Francia venne ricreato con pan di Spagna, canditi, gelato alla nocciola e alla vaniglia».
Non tutte le ricette portate da Caterina a Parigi ebbero successo. Infatti la sovrana era ghiotta di cibreo, un piatto semplicissimo, a base di uova, arricchite con brodo di carne, cipolle, salvia, fegatini, creste, bargigli e cuori di pollo, che però non incontrò i favori delle tavole francesi.
Tovaglie damascate. Anche nell’apparecchiatura della tavola Caterina portò in Francia gli usi italiani. La regina usava tovaglie damascate e, innovativo per il tempo, imponeva che i piatti venissero cambiati tra una portata e l’altra e che per mangiare si usassero le posate. Inaugurò la sequenza dei piatti nel menù dividendo le portate dolci da quelle salate e introdusse ingredienti come i broccoli, gli asparagi, i piselli, i pomodori, i carciofi (che amava cotti nel vino) e piatti quali la pasta, i sorbetti di frutta e lo zabaione.
Si deve sempre a Caterina una migrazione inversa. Infatti la regina importò in Toscana il Cabernet Sauvignon (la cosiddetta uva francesca o francesa) che viene vinificata in blend con il Sangiovese per ottenere il pregiatissimo vino di Carmignano. L’amore e la devozione di Caterina per la cucina si estendeva anche alla cura di malanni. Infatti, per oltre 10 anni Caterina non riuscì a concepire e si narra che mangiasse cibi da lei ritenuti afrodisiaci come il cardo, lo scalogno, le zucchine, il sedano, i funghi, le fave e le cipolle. E pare avesse proprio ragione visto che poi mise alla luce ben nove eredi, di cui tre futuri re di Francia e una regina di Spagna.
Sempre in tema di cucina i suoi pranzi di gala erano dei propri avvenimenti da riportare nelle cronache. «Di Caterina conclude Michela – si sa di sicuro che era una donna che amava i gusti forti e la tavola sfarzosa». Si racconta che nel 1549 venne allestito un banchetto in cui i cibi dovevano essere divisibili per tre, il numero perfetto della superstiziosa regina: 33 arrosti di capriolo, 33 lepri, 6 maiali, 66 galline da brodo, 66 fagiani, 3 staia di fagioli, 3 staia di piselli e 12 dozzine di carciofi.