Il Sole 24 Ore, 15 dicembre 2016
Ora i capitali si spostano dall’Europa agli Usa
Se non fosse uno slogan già usato, e politicamente indigesto per i Repubblicani, Wall Street accoglierebbe Donald Trump al coro «yes we can». I tanti investitori che stanno spostando i capitali dall’esausta Europa all’altra sponda dell’Atlantico, spingendo quasi ogni giorno Wall Street sui massimi storici, sembrano infatti crederci davvero: gli Stati Uniti, grazie alla turbo-politica fiscale di Donald Trump, possono tornare a trainare la crescita economica globale. E la Federal Reserve può agevolmente rialzare i tassi d’interesse, perché ormai il sostegno all’economia arriva dalla Casa Bianca e non più dalla banca centrale. Tra i tanti scenari del 2017, ricchi di incertezze a livello mondiale, questo sembra uno dei pochi punti fermi per gli investitori: perché l’economia americana cresce (+3,2% annualizzata nel terzo trimestre), perché il drastico taglio delle tasse alle imprese annunciato da Trump potrebbe far risalire gli utili aziendali, perché la «Trumponomics» potrebbe sostenere i salari dei lavoratori. Se Wall Street è sui massimi storici, nonostante prezzi di Borsa troppo elevati rispetto agli utili attuali, è perché ci crede.
Ma è proprio per questo che sarebbe utile una maggiore prudenza. Perché la turbo-politica fiscale, associata al rialzo del prezzo del petrolio, potrebbe produrre un effetto collaterale che alcuni economisti già iniziano a prevedere: un balzo oltre le attese dell’inflazione. Qualcuno – come Patrick Artus di Natixis – teme che il costo della vita a fine 2017 negli Usa possa raggiungere il 3%. E non è l’unico a temere una fiammata eccessiva. Oltre i limiti tollerabili da qualunque banca centrale. Se così fosse, la Federal Reserve potrebbe essere costretta ad alzare i tassi d’interesse più di quanto il mercato oggi non preveda (già ieri sera la banca centrale ha aumentato leggermente le previsioni sui tassi per il 2017). E questo potrebbe sgonfiare quella crescita economica che oggi fa sognare Wall Street.