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 2016  dicembre 15 Giovedì calendario

La gang del car sharing. Così le auto Enjoy rubate a Roma finivano a Napoli

Cominciamo dalla fine. Esattamente dal pomeriggio del 30 agosto 2015, quando i carabinieri di Roma mettono le manette a Ciro Tortora detto Totore u’russ, per via di quei capelli rossi arruffati. Arresto in flagranza di reato: furto della Fiat 500 del servizio di car sharing Enjoy, targata EZ163GW. «Commissa’, io tengo famiglia… e poi, non è mica una rapina!», bofonchia Totore u’russ. Tecnicamente ha ragione, non è una rapina. È soltanto la settantesima macchina di Enjoy che lui e la sua banda si stanno rubando nel giro di sei mesi, giorno più giorno meno.
Totore u’russ, in carcere, quella volta passa solo un paio di notti, poi viene rimesso in libertà. Non ci sono gli estremi per tenerlo dentro, anche se il soggetto è noto per apprezzare i servizi di sharing: a Napoli l’hanno già beccato che rubava le biciclette a noleggio. Ieri però la procura di Roma lo ha arrestato di nuovo, insieme a suo fratello Salvatore e Primo Antonio Carbone: tre pregiudicati napoletani sulla quarantina, ritenuti i capi della prima, e al momento unica, banda di ladri specializzati in car sharing. Sfruttando le falle del sistema di tracciamento della centrale di monitoraggio della Leasys, la società del Gruppo Fiat Chrysler da cui Eni prende in leasing le vetture, sarebbero colpevoli di 70 furti su un totale di 108 macchinine rosse sparite da Roma nell’ultimo anno e mezzo, per un valore complessivo di 1,5 milioni di euro.
C’è da dire che c’hanno messo del genio. Genio e fatica. Ogni due-tre giorni, Totore u’russ e gli altri prendevano il treno Napoli- Roma e, giunti alla stazione Termini, cominciavano la “raccolta”. Con i dati dei documenti di identità di sconosciuti, o di parenti e amici che fingevano di averli smarriti, avevano aperto decine di account sul sito di Enjoy, inserendo dati di carte di credito clonate. La prima macchina libera che trovavano, la noleggiavano, poi strappavano il navigatore satellitare sul cruscotto manomettendo il gps. La vettura spariva dal monitor della centrale, e loro potevano guidare indisturbati fino a Casavatore, a nord di Napoli: la corsa finiva in alcune officine complici, dove la macchina veniva smontata e i pezzi rivenduti sul mercato nero dei ricambi di Napoli, il più fornito di tutta Europa. Alcune sono state ridipinte di verde e vendute sul mercato dell’usato, anche qui con un trucco: i ladri segnalavano lo smarrimento della targa alla Motorizzazione per ottenere una nuova immatricolazione, prima che Eni ne denunciasse (quasi sempre tardivamente) il furto. Con altre auto, hanno pure inscenato incidenti stradali fasulli per frodare le assicurazioni. A volte ne riuscivano a portare via da Roma tre al giorno, altre volte solo una a viaggio. Una fatica, per Totore u’ russ e i suoi compari.
Possibile che non fossero dotate di sistemi di allarme efficienti? Sì, possibile. Ciò che ha stupito anche i carabinieri guidati dal colonnello Lorenzo D’Aloia, capo del nucleo investigativo di Roma che ha condotto le indagini, è la facilità del “colpo”. La banda sembrava conoscere tutti i punti deboli del servizio di car sharing di Eni: che le macchine inviano alla centrale il segnale satellitare non in modo continuo, ma una volta ogni 8 ore; che la centrale non è attiva h24 (tant’è che spesso si sono accorti dei furti molte ore dopo la scomparsa); che, infine, non esiste un sistema di blocco della marcia. Durante le indagini, Eni aveva fatto inserire un secondo dispositivo gps, nascosto dentro i circuiti elettrici, ma la banda riusciva a disattivare anche questo. Totore u’russ, a quanto sostiene l’accusa, si era inventato un metodo ulteriore, di una semplicità disarmante: prenotava un auto a proprio nome, saliva a bordo e subito chiudeva il noleggio senza scendere e senza viaggiare. A quel punto, poteva fare i suoi comodi e disattivare i circuiti. Per il sistema computerizzato, infatti, a bordo non c’era più nessuno.