la Repubblica, 15 dicembre 2016
Referendum Jobs Act. Poletti apre un caso «Prima le elezioni». Camusso: no a furberie
«Se si va al voto prima del referendum, il problema non si pone. Ed è questo, con un governo che fa la legge elettorale e poi lascia il campo, lo scenario più probabile». Giuliano Poletti ha appena ascoltato l’annuncio della Consulta a proposito dei tre quesiti referendari della Cgil sul Jobs Act. Il ministro del Lavoro, riconfermato nel governo Gentiloni, prevede elezioni anticipate, che consentirebbero di congelare per un anno i referendum. La Corte costituzionale ha detto ieri che l’11 gennaio deciderà se i quesiti sono ammissibili. Se desse il via libera, i referendum si svolgerebbero tra aprile e giugno.
Voto anticipato. Di voto anticipato si continua a parlare anche nel Pd. A spingere sono i renziani. Il vice segretario Guerini prevede: «Giugno credo sia una data realistica per elezioni anticipate». Ma le reazioni a Poletti, al rinvio del referendum – su cui la Cgil ha raccolto più di 3 milioni di firme – sono indignate sia a destra che a sinistra. Gaetano Quagliariello (Idea) invita Poletti a non fare «strage del senso delle istituzioni». Roberto Speranza, leader della sinistra dem, attacca: «Più che invocare le urne per evitare il referendum si lavori subito per modificare il Jobs Act. Sui voucher è esplosa una nuova precarietà su cui si deve intervenire».
Gli industriali: troppa incertezza. Contro il referendum è Confindustria. Vincenzo Boccia, il presidente di Confindustria, avverte: «Abbiamo fatto il Jobs Act e adesso se arriva il referendum cosa accade? Io imprenditore attendo e non assumo. Questi sono i capolavori italiani dell’ansietà e dell’incertezza e i motivi per cui gli imprenditori italiani sono i più bravi al mondo perché vivono in condizioni perenni d’incertezza».
Il sindacato: no alle minacce. Susanna Camusso, segretaria della Cgil, replica a Boccia: «Le minacce sul voto e le disgrazie invocate non funzionano. Lo hanno già fatto con il referendum costituzionale».