Il Messaggero, 14 dicembre 2016
Ipocondria, il segreto è nella testa
È un cervello diverso quello di chi soffre di ipocondria. Chi teme, cioè, di essere colpito da ogni genere di malattia, dall’infiammazione, all’infezione fino ai disturbi articolari. Il cervello dei cosiddetti malati immaginari, oggi definiti come pazienti affetti da Disturbo da ansia di malattia,non funziona, dunque, come quello di tutti gli altri.
Una piccola interferenza tra due aree scatena ansie, notti insonni, overdose di farmaci e corse al pronto soccorso. I pazienti ipocondriaci avrebbero un’alterazione della connettività funzionale (lo scambio continuo di informazioni) tra le strutture cerebrali che sono impegnate nella rappresentazione che noi abbiamo del nostro corpo. Come ha dimostrato uno studio, pubblicato sulla rivista scientifica Cortex, firmato da un’équipe di ricercatori campani guidata da Dario Grossi, docente di Neuropsicologia e neuroscienze cognitive, direttore del dipartimento di Psicologia dell’università della Campania Luigi Vanvitelli.
I sensi. Sotto osservazione, dunque, due aree del cervello: una contribuisce al riconoscimento visivo delle parti corporee e a distinguere se queste sono corrette oppure no, mentre l’altra è la principale struttura cerebrale che integra le informazioni motorie e sensoriali somatiche. Un equilibrio che nei pazienti presi come campioni non è come dovrebbe.
Nella stragrande maggioranza delle persone queste due aree dialogano in modo pressoché ininterrotto e sincrono, proprio spiegano i ricercatori «per consentire l’integrazione della coscienza corporea, con una piena coscienza di sè». Nel malato immaginario, invece, è stata riscontrata (con la risonanza magnetica su pazienti a riposo) una asincronia di questo scambio. Un mal funzionamento della normale integrazione della coscienza del corpo. Che vuol dire anche sentirsi malato, timoroso per la propria vulnerabilità.
I neuroni. «Appare un paradosso – spiega Grossi – Chi soffre di ipocondria è concentrato sul proprio corpo ma, al tempo stesso, ha una ridotta funzionalità nelle reti neuronali che consentono la consapevolezza del proprio essere. Probabilmente, proprio queste discordanti elaborazioni cerebrali consentono la costruzione di malattie immaginarie».
Una mancata connessione alla base di quella miriade di sintomi che, secondo i soggetti e secondo le condizioni, si manifestano come costante preoccupazione di avere una malattia grave accompagnata da sintomi, con ogni probabilità, reali. O avvertiti come tali. L’elenco è lungo per gli oltre 7 milioni di ipocondriaci italiani: mal di testa, nausea, gonfiore e dolore addominale, alterazioni del ritmo cardiaco (palpitazioni e aritmie), stanchezza e mancamenti, crampi addominali, perdita del desiderio sessuale.
Malanni veri o presunti che si confondono. Rassicurazioni che si perdono nel circolo vizioso di compiacenti parenti ed amici sempre pronti a dare consigli e pareri. Sforzi inutili. Che oggi naufragano nel web dove l’ipocondria sta creando il suo clone in rete: la cybercondria. Un’affannosa ricerca, ventiquattro ore su ventiquattro, di informazioni su ogni tipo e genere di patologia.