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 2016  dicembre 14 Mercoledì calendario

Unicredit chiude col passato. Aumento da 13 miliardi

Jean-Pierre Mustier non è uomo da mezze misure. Lo ha dimostrato ieri, a Londra, dove – di fronte ad analisti e investitori – ha presentato “Transform 2019”, il piano con cui intende chiudere i conti col passato e rilanciare Unicredit come «banca commerciale paneuropea» dalla rinnovata redditività. Il toro, il banchiere, lo prende per le corna: lo dimostra l’aumento di capitale da brivido, 13 miliardi di euro, il più grande mai visto a Piazza Affari. Ma lo dimostra anche l’accetta che il banchiere brandisce per tagliare i costi, e che si abbatte su altri 6.500 lavoratori, portando il conto totale di «coloro che son sospesi» a 14 mila, 9.600 in Italia.
I movimenti. L’aumento arriva dopo le cessioni di Pekao e Pioneer, la discesa in Fineco, e puntella il capitale «secondo i migliori esempi delle banche sistemiche»: il principale parametro (Cet1) in tre anni arriverà al 12,5%. Il dividendo tornerà in contanti (salta nel 2016) tra il 20 e il 50% degli utili per avere spazio di manovra in caso di strette regolamentari come Basilea IV. Sarà deliberato da un’assemblea già convocata per il 12 gennaio e avverrà nel primo trimestre del 2017. C’è già un pre-accordo di garanzia con un gruppo di banche, dunque è blindato.
«L’operazione non dipende in alcun modo dalla situazione politica in Italia – assicura Mustier -, così come non ci preoccupa la situazione del Monte dei Paschi». Il banchiere francese dimostra di avere più fiducia sull’Italia degli stessi italiani. «Crediamo nelle potenzialità del Paese, nei confronti del quale riscontriamo interesse da parte degli investitori istituzionali». Interesse confermato una volta di più nell’operazione «Fino», in cui Unicredit vuole sistemare la partita dei crediti deteriorati, per cui si parte da 74,8 miliardi, di cui 49,7 «non core»: 17,7 miliardi suddivisi in due portafogli saranno trasferiti a nuove società indipendenti di cui Unicredit avrà una quota di minoranza.
La parte maggioritaria del rischio se l’assumeranno due grandi attori internazionali come Fortress da una parte e Pimco dall’altra. «Per affrontare i problemi ereditati dal passato» servivano «misure incisive», dice Mustier. Dopotutto, sottolinea il dg Gianni Franco Papa, l’86% delle sofferenze giungono da finanziamenti ante 2011, in parte trascinati con Capitalia. Nell’ultimo trimestre dell’anno ci saranno poi rettifiche su crediti per 8,1 miliardi, a cui se ne aggiungeranno altre per 4,1 miliardi, con un onere una tantum di 12,2 miliardi. Nel 2019 la copertura dei crediti deteriorati lordi sarà oltre il 54 per cento.
I tagli. Altro pilastro del piano, il taglio dei costi: dal 2019 saranno 1,7 miliardi annui in meno. Il punto è che a pagare saranno, in parte, i lavoratori. In Italia l’organico dovrà dimagrire del 21% (come in Germania e Austria) con altre 3900 persone da accompagnare all’uscita, che si aggiungono alle 5700 già previste nel piano precedente. E In Italia si taglieranno 883 filiali (-27%) di qui al 2019, su 994 da cancellare nel gruppo intero. Scelte «dolorose», dice Mustier che, dal canto suo, si è ridotto del 40% la retribuzione fissa, che rinuncia a bonus e buonuscita.
In tre anni Piazza Gae Aulenti trasformerà il suo modello operativo, massimizzando il valore di banca commerciale, puntando sui clienti più facoltosi e sulla digitalizzazione, oltre che sulle Pmi. La holding sarà più snella e efficiente. Quanto al cda, Mustier annuncia le decisioni del comitato governance: i componenti passeranno da 17 a 15, ci sarà un solo vicepresidente al posto dei tre attuali. Ma se ne parlerà nel 2018.
Per il resto il risultato di questo piano «pragmatico» sarà una redditività superiore al 9% e un utile netto che nel 2019 raggiungerà i 4,7 miliardi di euro. In Borsa il titolo balza del 15,92%, a quota 2,81 euro. Il mercato crede a Mustier, l’uomo senza mezze misure.