La Stampa, 14 dicembre 2016
La battaglia sulle merende della legalità
Perché hai definito i tuoi compagni degli handicappati?
«Io volevo dire che sono degli stupidi». Perché gli hai augurato di morire al gelo durante la manifestazione? «Ma se tutti mi insultano, cosa posso fare? Loro scrivono che mi ammazzano. Mi spingono, mi minacciano. Sono invidiosi. L’altro giorno mio padre ha dovuto chiamare i carabinieri all’uscita da scuola. Sono incazzato con quelli lì, lasciatemelo dire».
Finisce all’italiana, purtroppo. Così come era incominciata. È la disfida del venditore abusivo di merendine dell’istituto Pininfarina di Moncalieri. Mentre lui, dopo la consacrazione di un servizio televisivo, veniva premiato a Roma addirittura dalla Fondazione Luigi Einaudi come esempio di liberismo imprenditoriale, i suoi compagni manifestavano davanti a scuola per la legalità. «Non abbiamo nulla contro il nostro compagno», diceva nel freddo del mattino la rappresentante di istituto Carola Petronio. «Ma premiare qualcuno che non rispetta le regole, addirittura offrirgli una borsa di studio, non è giusto. Quei soldi potevano andare a compagni più bravi. Tanti di noi hanno famiglie con problemi economici. A lui che non ha rispettato le regole, hanno fatto delle offerte di lavoro. Non ha senso».
Sono più di cinquecento gli studenti a protestare fuori da scuola. Hanno striscioni sarcastici: «L’illegalità è la nuova maturità». Oppure: «Al Pinin non vince il 10, vincono gli evasori».
C’è anche il professore di Chimica Gianfranco Monti: «Questo premio è diseducativo. Ci sono studenti del Pininfarina che hanno avuto idee brillanti in diversi settori. E invece si premia un giovane che ha scambiato la scuola per un mercato». Lo studente Davide: «La cosa peggiore è che si è pure permesso di prenderci in giro perché siamo qui a manifestare. Va dai compagni di classe a dire che lui guadagna, mentre loro sono degli sfigati». Francesco: «Non è vero che non accettiamo qualcosa di innovativo, è giusto cambiare. Ma io non accetto che sia premiato chi non rispetta la legge». Breve riassunto delle puntate precedenti. Lui è uno studente, oggi diciassettenne, che insoddisfatto del bar della scuola, si inventa un sistema alternativo. Raccoglie le ordinazione dei compagni su una chat, va all’hard discount a fare rifornimento con due zaini vuoti, piazza un banchetto a scuola e vende le merendine. Guadagnandoci. Secondo il padre: «Circa 5 mila euro in tre anni». Secondo il preside: «Molto di più». Guadagni in nero. Ma soprattutto al di fuori dei regolamenti scolastici. Per questo era stato sospeso.
Il preside del Pininfarina si chiama Stefano Fava: «Siamo il Paese dei paradossi. La scuola deve dare valori, la legalità è un valore, il rispetto delle regole è un valore. Dobbiamo rendere gli studenti consapevoli dei diritti e dei doveri. Ma mentre noi cerchiamo di educare, altri si comportano in maniera opposta. È difficile lavorare in queste condizioni. Tanta gente si occupa di scuola, ma forse andrebbero rispettati quelli che lavorano per la scuola. Questo ragazzo è disorientato dal bombardamento dei mass media, tocca a noi riportarlo con i piedi per terra. Non si può accettare che ognuno piazzi un banchetto in corridoio. La scuola non è un mercato». Intanto a Roma, lo studente in questione sta passeggiando con suo padre davanti al Colosseo dopo la premiazione. La versione del genitore è questa: «Fino a una settimana fa mio figlio faceva comodo a tutti i compagni. Ma dopo l’intervento del preside, adesso cercano di evitarlo e ieri se la sono proprio presi con lui. Ho dovuto chiamare i carabinieri per l’uscita delle 14, per fortuna poi è andato tutto bene. Ciò non toglie che non sappiamo come reagiranno domani».
Allora domandiamo: ma suo figlio non poteva evitare di scrivere in chat frasi come questa? «Spero che muoiano di freddo, questi invidiosi. Che arrivi una bella polmonite a tutti quelli che rompono il c... e che staranno fuori a scioperare». «Mio figlio ha scritto queste cose?». Ha scritto anche che i suoi compagni sono «solo degli handicappati». É in quel momento che ci passa al telefono il venditore di merendine. «Ma io non volevo dire handicappati, io intendevo dire che sono degli stupidi...».