Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  dicembre 14 Mercoledì calendario

Muraro, addio in lacrime cinque capi di accusa e Raggi perde altri pezzi

L’avviso di garanzia, cui per mesi è rimasta appesa la sopravvivenza politica dell’assessora grillina all’Ambiente e il destino stesso della giunta Raggi, è infine arrivato. Notificato dai pm il 7 dicembre, per cinque giorni è curiosamente rimasto chiuso nel cassetto degli avvocati difensori. Finché, lunedì, non è stato comunicato all’ex consulente di Ama, l’azienda comunale dei rifiuti.
Paola Muraro, che pure se l’aspettava, entra subito in crisi: chiede aiuto alla sindaca, mentre a palazzo Senatorio si diffonde la voce che l’inchiesta potrebbe essere più grave del previsto, l’inizio di una slavina giudiziaria in grado di travolgere Virginia Raggi e parte del suo staff. È il panico. La tensione altissima. Dopo un giro di telefonate e una notte di riunioni concitate, si decide per il passo indietro. È la stessa sindaca a darne notizia, con un videomessaggio postato alle due del mattino su Facebook.
Fino all’ultimo l’inquilina del Campidoglio ha aspettato e sperato che quel benedetto fascicolo per reati ambientali si chiudesse con un’archiviazione. Per cinque mesi ha fatto da scudo umano alla donna forte della sua giunta, anche a costo di far implodere il Movimento, i cui vertici sapevano dell’indagine già da luglio, ma erano stati convinti dalla sindaca a tacere, sinché ai primi di settembre la Commissione Ecomafie non ha svelato l’arcano. Facendo esplodere la bagarre, con tanto di dimissioni invocate da Grillo in persona. Ecco perché adesso che la Procura s’è risolta ad andare fino in fondo, muovendo a Muraro cinque contestazioni relative al trattamento e allo smaltimento illecito di rifiuti nel periodo in cui lavorava per Ama, non si può più far finta di niente.
Sono le cinque della sera quando l’assessora entra nello studio di Raggi: «Ho ricevuto l’avviso di garanzia», si sfoga in lacrime. «Me l’hanno comunicato oggi i miei legali. A questo punto decidi tu cosa fare. Sappi però che io sono innocente e lo proverò». Una difesa interamente fondata sulla tesi del complotto: «È una vendetta del vecchio presidente di Ama, che noi abbiamo cacciato. Tutto nasce da lì, dai suoi 14 esposti in cui mi ha dipinto come una criminale, che tuttavia sono sfociati in una semplice accusa sanabile con una multa. La verità è che io ho provato a cambiare le cose da dentro, ma non ci sono riuscita».
Raggi è attonita. Insieme stabiliscono che non può finire così. Bisogna trovare una via d’uscita che non si trasformi, però, in un vicolo cieco. «Ti credo», le dice. «Per adesso avocherò le tue deleghe e le terrò per me, in attesa che l’interrogatorio chiarisca tutto». Eccolo il “piano B” per provare ad aggirare le ferree regole del Movimento: rinviare la sostituzione, mentre tra Genova e Milano già si pensa al successore, un’altra donna esperta di rifiuti.
La sindaca intanto informa i parlamentari e convoca la maggioranza. Alle 23 i grillini sono tutti in Campidoglio. Muraro dà l’addio. I consiglieri sono combattuti, accettando infine l’inevitabile. Raggi registra il video. E annuncia che sarà lei a gestire l’Ambiente «per dare continuità». Le opposizioni tuonano: «Si doveva dimettere mesi fa, da luglio il M5S sapeva delle indagini, il conflitto d’interessi era palese». Il governatore Zingaretti si dice «preoccupato che l’interim possa rallentare il piano rifiuti». Tutti esortano la sindaca a riferire in aula. Richiesta respinta. Lei è chiusa a palazzo. Parla solo sui social.