la Repubblica, 14 dicembre 2016
«Mente sulla laurea». Fedeli all’Istruzione è subito un caso
Trascorse neppure venti ore dalla nomina, con il passaggio di consegne al ministero dell’Istruzione ancora da celebrare, sulla neoministra Valeria Fedeli è planato il primo caso del Governo Gentiloni: «Non sei laureata e racconti pure il falso». Già. Il primo scandalo, seguendo i teocon da social network che già ne chiedevano le dimissioni non perdonando alla Fedeli di essere stata la prima firmataria della legge sulla parità di genere e poi di un emendamento sull’educazione alle differenze entrato nella “Buona scuola”. Ieri all’ora di pranzo su Facebook il cattolicissimo Mario Adinolfi, transfuga Pd, blogger, scriveva: «Valeria Fedeli mente sul proprio titolo di studio, niente male per un neoministro dell’Istruzione. Dichiara di essere laureata in Scienze sociali, in realtà ha solo ottenuto il diploma alla Scuola per assistenti sociali Unsass. Complimenti Gentiloni: a dirigere scuola e università in Italia mettiamo non solo una che non è laureata, ma una che spaccia in Laurea in Scienze sociali un semplice diploma della scuola per assistenti sociali». E giù bordate ricordando le vergogne del passato: «La spacciatrice di menzogne sul gender evidentemente è abituata a dire bugie».
Il post ha fatto bingo ed è partito in replica passando dalla nicchia teocon all’ampio popolo dei No con due certezze acquisite: «La neoministra non è laureata e dice di esserlo», scriverà sprezzante una maestra di scuola materna, ancora indignata per l’esclusione dalle assunzioni della Legge 107 delle precarie dell’infanzia. Un professore di Caltagirone, ancora: «Come mai tutti ci dicono che gli studi sono importanti ma chi lo dice raramente ha studiato». Sul versante gender sono arrivati invece gli attacchi di Giorgia Meloni, della Lega e della parlamentare di Idea Eugenia Roccella: «Uno schiaffo al popolo del Family Day».
In effetti la neoministra non ha la laurea. È incontestabile. Che abbia detto una bugia è invece opinabile. Allora, Valeria Fedeli, 67 anni, nata a Treviglio in provincia di Bergamo, recentemente diventata vicepresidente del Senato, nel suo sito online si è così raccontata: «Finite le scuole, mi sono trasferita a Milano per iscrivermi dove ho conseguito il diploma di laurea in Scienze sociali, presso Unsas». La sua futura casa. Che cosa aveva fatto in Unsas (Unione nazionale assistenti sociali), la ventenne Fedeli? Aveva frequentato con successo un triennio post-diploma. Oggi si definirebbe una “laurea professionalizzante”, una triennale ante litteram. Ma nel 1971, quando la Fedeli ottenne il post- diploma, non esistevano né le lauree triennali (arriveranno con Luigi Berlinguer nel 1997), né quelle in Scienze sociali (del 1999). Ecco, i tre anni post-Maturità c’erano, il titolo di laurea equivalente no. Aggiungono fonti vicine alla ministra: nel 1971 la Unsas licenziava chi aveva chiuso i tre anni di percorso proprio con quel titolo: “Diploma di laurea”. «Lo ha sempre riportato nei suoi curriculum senza mentire e lo ha fatto precedere dal nome della scuola Unsas, non di un’università». In un altro curriculum, tuttavia, si legge semplicemente “Laureata in Servizi sociali (attuale laurea in Scienze sociali)”, con la spiega tra parentesi che anticipa di vent’anni l’evoluzione di quel post-diploma.
Resta il fatto che l’approdo alla guida del ministero dell’Istruzione (e dell’Università e della Ricerca) senza una laurea non è problema da poco. In queste ore Valeria Fedeli si è seduta alla scrivania che fu di Giovanni Gentile e Benedetto Croce (peraltro neanche lui laureato) mentre gli ultimi tre ministri sono stati rettori d’ateneo. Questa contestazione – «non sei neppure laureato» – è stata buttata dai contestatori sulla faccia del sottosegretario Davide Faraone, che infatti ha scelto di chiudere gli studi superiori lo scorso primo marzo: Scienze politiche, 106 il voto. E nell’esecutivo sono tre i ministri senza laurea: Beatrice Lorenzin, Andrea Orlando e Giuliano Poletti, perito agrario.