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 2016  dicembre 14 Mercoledì calendario

Dalla finanza ai media. Un’Italia sempre più debole di fronte alla valanga francese

Se in Francia una Mediaset piena di denaro avesse deciso di partire all’assalto di Vivendi, probabilmente a Parigi avrebbero alzato barriere regolamentari o politiche per impedire che un asset importante finisse in mani straniere, anche se confinanti. E lo stesso sarebbe accaduto se le Poste guidate da Francesco Caio si fossero avventurate a caccia di gestori del risparmio in terra transalpina.
Amundi invece, grazie alla congrua offerta fatta a Unicredit, sconfigge Poste e incassa Pioneer dalla banca italiana, avviandosi a diventare una delle società di gestione del risparmio più rilevanti di casa nostra. Nel mercato unico dei capitali le due operazioni sono legittime e rispondono ad una ferrea logica economica: le mosse spettano ai più forti, ai più organizzati, ai più coraggiosi. E sotto questo punto di vista l’Italia è più debole, più disorganizzata, meno coraggiosa. Ma soprattutto, rispetto ai cugini francesi, sconta la cronica incapacità di fare sistema, di proteggere il perimetro strategico del paese e di dargli una missione coerente con le proprie ambizioni. Vincent Bolloré le tre doti le possiede tutte, oltre alla capacità felina di avventarsi sulle prede approfittando di un varco aperto nelle difese. Seduto su un pacchetto di azioni pari all’8 per cento del capitale di Mediobanca, cosa che lo fa secondo azionista per numeri (ma primo per peso politico) dopo Unicredit nel santuario degli affari di Piazzetta Cuccia, il finanziere bretone ha messo a segno il primo colpo diventando con una scalata progressiva il padrone di una debole e frammentata Telecom (oggi Tim), e adesso progetta di crescere ancora unendo i contenuti televisivi alla rete internet, cercando di fatto di creare una alternativa agli americani di Netflix o alla Sky di Murdoch. Un progetto ambizioso fatto appunto di forza, organizzazione e coraggio. Se Mediaset finisse in mani francesi l’Italia perderebbe l’occasione di essere presente in un settore che rappresenta il futuro nel mondo multimediale.
Ma dal punto di vista strategico è ancora più grave finire eventualmente ai margini del risparmio gestito, che – vale la pena ricordarlo – è il risparmio delle famiglie italiane e il capitale di investimento dei fondi pensione. Cioè il tessuto finanziario vivo del paese, quello che in tempi di crisi è riuscito a sopravvivere e a proteggere la stabilità della nazione.
Con Pioneer in mano ad Amundi la Francia fa un affare, mentre l’Italia subisce un colpo. Perché perdere la centrale di localizzazione delle decisioni sul risparmio comporta dei pericoli. In passato, quando i poteri delle banche centrali nazionali erano più forti e cogenti, non di rado partivano ordini di scuderia per difendere dagli attacchi sui mercati i titoli di stato che venissero presi di mira dalla speculazione. Se vacillavano i Btp, in sostanza, si alzava uno scudo fatto di ordini di acquisto che ne frenavano l’emorragia. E la difesa messa in atto era spesso efficace, come anche l’effetto-deterrenza rappresentato dalla sola esistenza di forti gestori nazionali sensibili alla stabilità finanziaria del paese. Una Sgr basata a Parigi si comporterà allo stesso modo o modificherà la composizione del suo portafoglio in caso di turbolenze sui mercati? Delocalizzare la gestione del risparmio significa anche allentare le prassi consolidate di “home buying”, che aiutavano il mercato azionario interno e ne incoraggiavano l’intraprendenza. E significa anche comprimere le capacità di sviluppo del management, facendo di un paese un semplice centro di distribuzione di prodotti altrui, ma non di elaborazione di nuove offerte di risparmio sicuro, redditizio, tagliato su misura per il mercato domestico.
L’italiana Unicredit, ora guidata da un manager francese, ha fatto un affare dal punto di vista del suo malandato bilancio cedendo Pioneer alla francese Amundi. Per salvarsi oggi ha venduto un pezzo del suo domani, scommettendo che funzionerà. Sicuramente un affare non l’ha fatto l’Italia, che si ritrova più fragile, con uno scarso peso nella finanza internazionale e più debole ora anche sul fronte del semplice asset management. E ancora una volta a leccarsi le ferite e a recriminare di fronte al tradizionale problema di non riuscire a fare sistema. Perché in questa partita Unicredit e Amundi parlavano in coro la stessa lingua; l’Italia invece ha avuto la voce debole di un solista.