Corriere della Sera, 14 dicembre 2016
Aumento da 13 miliardi, 6.500 esuberi. La Borsa premia il rilancio di Mustier
Con un boom del titolo del 15,92% la Borsa ha detto sì al maxi aumento di capitale di Unicredit. Una richiesta di denaro al mercato per 13 miliardi – il più grande mai varato in Italia – proposta dal nuovo amministratore delegato Jean Pierre Mustier per «trasformare» in tre anni l’istituto e farlo diventare una delle migliori banche globali come patrimonio (al 12,5%). Nello stesso tempo Unicredit si semplificherà come modello di business in una vera banca commerciale paneuropea, la seconda dopo Bnp Paribas, presente in Italia, Germania, Austria e Centro-Est Europa, e con il 52% dei ricavi fuori dall’Italia.
Dopo cinque mesi alla guida, Mustier mostra così di aver pienamente in mano le redini del gruppo. Cambierà anche la governance: nel 2018 il board scenderà da 17 a 15 membri, con un solo vicepresidente dagli attuali tre, ha detto Mustier durante la presentazione-fiume a Londra, durata sette ore. L’aumento partirà nel primo trimestre del 2017 e questo fa sì che sull’operazione «non avrà impatti da Mps, che si risolverà entro l’anno», ha detto Mustier. E il direttore generale Gianni Papa ha sottolineato che non sono previste operazioni di m&a. Unicredit affronterà costi per 1,7 miliardi tagliando 6.500 dipendenti (arrivando così a 14 mila esuberi contando il piano 2015-2018), di cui nuovi 3.900 in Italia che si aggiungono ai 5.700 del vecchio piano (e in gran parte già usciti). Una cifra che ha allarmato i sindacati, con la Fabi che accetterà solo uscite volontarie e la Uilca che chiede le dimissioni di consiglieri e manager che hanno avallato i precedenti piani.
Le filiali saranno ridotte in particolare in Italia, circa 883 (dalle 3.283 attuali) su 944 totali previste dal piano, spingendo sulla digitalizzazione. Dal canto suo Mustier si è tagliato la parte fissa dello stipendio del 40% portandolo a 1,2 milioni, ha rinunciato alla buonuscita e ai bonus per l’intero piano e investirà 2 milioni di euro in azioni. Gli obiettivi sono «credibili», ha spiegato il banchiere «perché si basano su previsioni conservative» di crescita del Pil e dei tassi di interesse. L’utile netto al 2019 è previsto in 4,7 miliardi, con un rendimento (RoTe) superiore al 9% dall’attuale 4%. Dal 2018 tornerà anche il dividendo in contanti tra il 20-50% degli utili. Quest’anno invece la banca chiuderà «in perdita» a causa di oltre 12 miliardi di poste straordinarie, tra cui 8,1 miliardi di rettifiche sui crediti e 4 di svalutazioni varie tra cui la turca Yapi Kredi e il fondo Atlante. La pulizia sui crediti (progetto Fino) è funzionale alla cessione – con cartolarizzazione – di 17,7 miliardi di sofferenze (npl) a Fortress e Pimco, magari anche con il ricorso alla garanzia dello Stato (Gacs). A fine piano i crediti deteriorati lordi scenderanno al 5% del totale. Il prezzo non è noto ma, ha detto Mustier, si tratta di crediti molto vecchi, l’80% dei quali risalenti a prima del 2010 e ancora eredità di Capitalia, e che quindi il prezzo «non è significativo» circa il valore delle sofferenze delle banche italiane. Anzi, ha rivendicato, «la nostra vendita di 17,7 miliardi di npl in una notte è una notizia positiva: gli investitori internazionali sono interessati ad operare in Italia». Comunque Unicredit non prevede altre pulizie di bilancio.