Corriere della Sera, 14 dicembre 2016
I raid del bretone Vincent e la doppia partita con Telecom
Scalata ostile o raid da mettere nel piatto per risolvere il contenzioso legale con Fininvest e Mediaset, che reclamano danni miliardari dopo la rottura del contratto su Premium? Il mercato, e la famiglia Berlusconi, azionista di controllo del Biscione, credono poco alla versione ufficiale di Vincent Bolloré, 64 anni, presidente e primo azionista di Vivendi con il 20,4% del capitale (e il 29% dei diritti di voto dal prossimo aprile).
Lunedì il gruppo francese, che controlla Universal e Canal+, ha dichiarato di voler diventare il secondo azionista industriale di Mediaset con una partecipazione, «tra il 10 e il 20%, in un primo tempo», mentre annunciava di detenere già il 3,01%, quota salita ieri al 12,32%. Sembra un assalto vero e proprio, che pare ricordare le incursioni con cui l’imprenditore francese ha costruito le sue fortune finanziarie, da Pathé a Rue Imperiale (Lazard) fino a Bouygues, la società di telefonia fondata dal vecchio compagno di scuola (e amico) Martin Bouygues.
Bolloré si è mosso così anche quando nel 1998 è andato alla conquista di Havas. Poi dopo un serrato braccio di ferro con il management, l’imprenditore ha preso il controllo del board e oggi Vivendi controlla il 60% del capitale del gruppo di comunicazione, mentre alla guida c’è suo figlio Yannick, che siede anche nel consiglio di Vivendi. Più di recente il copione si è ripetuto nella società di video games Ubisoft, dove Vivendi è salita fino al 22,6% (e il 20,6% dei diritti di voto) contro la volontà della famiglia fondatrice, rappresentata dai cinque fratelli Guillemot, bretoni come Bolloré, che hanno in mano il 13,2% del capitale e 19,2% dei diritti di voto, ma possono contare sul sostegno dei dipendenti, titolari del 4,5% del capitale. Vivendi, che con un’Opa ostile ha già conquistato la concorrente Gameloft, all’assemblea di Ubisoft dello scorso 30 settembre è rimasta fuori dal board. Ma la battaglia sembra appena cominciata, visto che nel 2017 i diritti di voto di Vivendi raddoppieranno.
Lo sbarco in Italia del francese risale al 1999, quando Bolloré è diventato azionista di Mediobanca per aiutare l’amico Antoine Bernheim a riconquistare la presidenza delle Generali, di cui Piazzetta Cuccia è primo azionista. Oggi il bretone è il primo socio, con l’8%, di Mediobanca, che è anche la banca d’affari che accompagna le sue operazioni finanziarie. Tra le partecipazioni italiane figura Generali (ha lo 0,13%) e per un certo periodo Bolloré è stato anche vice presidente del Leone.
A sollevare clamore, però, è stata soprattutto la recente irruzione in Telecom Italia. Vendendo la brasiliana Gvt a Telefonica nel 2015, Vivendi ha ricevuto come parte del prezzo l’8,3% di azioni ordinarie Telcom, dove con una serie di blitz è salita rapidamente fino a sfiorare la soglia dell’Opa (ora ha 23,15%). L’ingresso dei francesi nell’operatore telefonico ha subito fatto immaginare possibili accordi con Mediaset per realizzare il matrimonio fra chi produce i contenuti e chi li distribuisce, con l’obiettivo di creare un grande gruppo franco-italiano dell’entertainment. Uno scenario rafforzato dalla promessa di scambio azionario (3,5%) tra Vivendi e Mediaset, lo scorso aprile, e l’acquisizione di Premium da parte dei francesi. Come è noto, i francesi hanno rotto il contratto e la questione è finita in tribunale. L’azzardo? Bolloré potrebbe mettere in gioco il pacchetto in Mediaset per chiudere la lite.