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 2016  dicembre 14 Mercoledì calendario

Mentre il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, parlava alla Camera e in serata raccoglieva come previsto la fiducia (M5s e Lega sono usciti dall’aula giudicando illegale qualunque nuovo governo dopo la vittoria del No, e illegale soprattutto questo, fotocopia del precedente), la Rete si scatenava contro il nuovo ministro della Pubblica Istruzione, Valeria Fedeli, rea secondo i siti di aver dichiarato una laurea che non possiede

Mentre il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, parlava alla Camera e in serata raccoglieva come previsto la fiducia (M5s e Lega sono usciti dall’aula giudicando illegale qualunque nuovo governo dopo la vittoria del No, e illegale soprattutto questo, fotocopia del precedente), la Rete si scatenava contro il nuovo ministro della Pubblica Istruzione, Valeria Fedeli, rea secondo i siti di aver dichiarato una laurea che non possiede.

Come sarebbe?
Nel suo blog la ministra, già vicepresidente del Senato, scrive: «[...] Finite le scuole mi sono trasferita a Milano per iscrivermi dove ho conseguito il diploma di laurea in Scienze Sociali, presso UNSAS [...]». Gli rispondono dalla Rete - e con particolare accanimento Roberto D’Agostino e Mario Adinolfi - che il diploma di laurea in Scienze sociali, dopo un paio d’anni di sperimentazione tra il 1998 e il 2000, non venne istituito che nel 2000, molto in là rispetto alla fine delle scuole di cui parla la Fedeli, nata nel 1949. Scrive Adinolfi: «Niente male per un neoministro all’Istruzione. Dichiara di essere “laureata in Scienze Sociali”, in realtà ha solo ottenuto il diploma alla Scuola per Assistenti sociali Unsas di Milano. Complimenti ministro, bel passo d’inizio. Complimenti Paolo Gentiloni: a dirigere scuola e università in Italia mettiamo non solo una che non è laureata, ma una che spaccia per “laurea in Scienze Sociali” un semplice diploma della scuola per assistenti sociali». La neoministra è sotto attacco non solo perché disse anche lei che in caso di vittoria del No sarebbe uscita di scena, ma anche perché convinta assertrice delle teorie gender, per le quali ognuno di noi è maschio o femmina non per inclinazione naturale ma perché spinto dai condizionamenti in famiglia. Il mondo dei cattolici che manifestarono nel famoso Family Day, e che hanno in Massimo Gandolfini ed Eugenia Roccella i loro idoli, si preparano alla mobilitazione.  

Sono pettegolezzi. Alla fine conta se saranno o no buoni ministri. Anche gli attacchi alla Boschi e a Lotti...
La Boschi viene vissuta come una prepotente, piazzata senza merito in un punto chiave del sistema, e vera sconfitta del referendum, beneficata chi sa perché. Tanto bella quanto antipatica. Lotti è un suo nemico o avversario o concorrente nel cuore di Renzi. Gli si imputa di non essere affatto un ministro senza portafoglio: gli sono stati lasciati il Cipe e la delega per l’editoria, cioè continua a maneggiare parecchi soldi. Che tuttavia non è una colpa. Non è una colpa nemmeno quella di essere considerato la voce di Renzi in consiglio dei ministri, incaricato anche di riferire, al suo leader, ogni stormir di fronda. In primo luogo: chi sa se è vero. In secondo luogo: in questo modo è tutto il governo, quasi sosia del precedente, a dover essere messo in discussione.  

Cosa che gli odiatori di Renzi stanno facendo fin dal primo momento. Io però ho la sensazione che questo Gentiloni sia appiattito su Renzi meno di quello che si crede.
Ho anch’io questa sensazione. Naturalmente è un tessitore, e le differenze, se esistono, si vedranno pian piano e in corso d’opera. Nel discorso di ieri alla Camera ha ripetuto questa frase che avevamo già segnalato ieri, e cioè che il governo resterà in carica fino a quando avrà la fiducia del governo. Il che potrebbe significare che il giorno in cui Renzi volesse la caduta, il presidente del Consiglio potrebbe magari, se avesse dalla sua ancora un pezzo di Pd e magari un pezzo di Forza Italia, restare in piedi con una maggioranza diversa e un rimpasto. Ha dalla sua anche Mattarella, contrappeso da non sottovalutare.  

Che altro ha detto?
«Il governo non si rivolgerà a quelli del Sì contro quelli del No, si rivolgerà a tutti i cittadini italiani, si basa su una maggioranza, rispetta le opposizioni e chiede rispetto per le istituzioni [...] È necessario farla finita con questa escalation apparentemente inarrestabile di violenza del dibattito politico. Il Parlamento non è un social network [...] Chi come me è sempre stato animato da passione politica non si ritrova nella degenerazione della passione per la politica perché la politica e il Parlamento sono il luogo del confronto dialettico, non dell’odio o della post-verità».  

Quali sono le priorità del governo?
Le ha elencate nel suo discorso lo stesso Gentiloni. Prima di tutto i terremotati, lasciati, per via dell’approvazione in tutta fretta della legge di Bilancio, con la miseria di 6 miliardi spalmati in 40 anni, cioè 150 milioni l’anno. Poi i migranti, per i quali il capo del governo si propone di continuare il confronto con i partner europei anche sul regolamento di Dublino che tanto ci penalizza. Poi il decreto per salvare Mps, se davvero non interverranno capitali privati come si tenta di ottenere in queste ultime ore. Infine un impegno per il Sud, testimoniato dalla ricreazione del Ministero per la Coesione territoriale. Quanto alla legge elettorale, senza che il governo se ne stia semplicemente alla finestra, Gentiloni vuole però che si muova soprattutto il Parlamento, cioè che la legge sia il risultato di un confronto fra tutte le forze politiche.