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 2016  dicembre 13 Martedì calendario

Fuga di massa dal fisco italiano

Negli ultimi tre anni solo nel comune di Milano 10.000 cittadini si sono iscritti all’Aire (anagrafe italiana dei residenti all’estero), cioè, in pratica, hanno chiesto di spostare la loro residenza oltreconfine. Sembra essere infatti questa l’ultima frontiera dell’evasione fiscale dopo il crollo del segreto bancario anche nei tradizionali stati-cassaforte come la Svizzera e l’implementazione di sempre più sofisticati scambi di informazione: chi non vuole o non può utilizzare la voluntary disclosure per regolarizzare il proprio patrimonio all’estero non ha più la possibilità di farla franca e l’unica carta che gli rimane è lo spostamento della residenza (in alcuni casi anche solo del domicilio) sperando che, in questo modo, i suoi dati finanziari non vengano trasmessi alle autorità fiscali italiane.
È quanto emerso nel corso del convegno organizzato ieri a Milano da ItaliaOggi e Kpmg sulla riapertura delle procedure di regolarizzazione dei capitali illecitamente detenuti all’estero.
Per contrastare questo fenomeno, ha spiegato Giuseppe Malinconico, della direzione centrale accertamento dell’Agenzia delle entrate, l’amministrazione finanziaria sta puntando sul potenziamento delle comunicazioni degli intermediari finanziari, reintroduzione dello spesometro, estensione della nozione di titolare effettivo, secondo le regole antiriciclaggio, ampliamento delle comunicazioni da parte degli intermediari, maggiori richieste nei confronti di intermediari e professionisti coinvolti nelle operazioni con l’estero.
Malinconico ha anche ricordato che i comuni, entro sei mesi dalla richiesta di iscrizione all’Aire, sono obbligati a comunicare i dati dei contribuenti all’Agenzia delle entrate, che li utilizzerà per la formazione di liste di controllo. I primi a essere verificati saranno proprio i contribuenti che a partire dal 2010 si siano iscritti all’Aire e non abbiano fatto la voluntary disclosure.
Nel corso dei lavori sono state rilevate le numerose criticità della voluntary disclosure-bis, soprattutto in materia penale. Se da una parte è emerso che l’anno scorso il 90% delle segnalazioni sospette in materia di antiriciclaggio venute dai professionisti è stata conseguenza delle operazioni legate alla voluntary, dall’altra i rischi penali che deve affrontare chi si vuole mettere in regola non solo non sono diminuiti rispetto alla prima edizione, ma sono addirittura aumentati perché il legislatore, ai molti reati non coperti da sanatoria (come truffa, falso in bilancio, appropriazione indebita) ha aggiunto anche quello di uso strumentale della procedura. E questo spiega forse perché molti contribuenti, invece di regolarizzare il patrimonio, hanno scelto di spostare la residenza.