la Repubblica, 13 dicembre 2016
Opa o guerra di posizione ecco la strategia francese
Silvio Berlusconi sperava di passar Natale occupandosi solo di chiudere la vendita del Milan ai misteriosi soci cinesi. L’ex-amico Vincent Bolloré invece gli ha rovinato le feste. E il blitz di Vivendi su Mediaset apre a sorpresa la partita più difficile della storia imprenditoriale dell’ex-Cav: quella per salvare il suo impero televisivo dall’assalto francese.
Il finanziere bretone ha calcolato i tempi con cura chirurgica, approfittando di una congiuntura astrale unica: la crisi di governo ha tolto di mezzo Matteo Renzi con cui ha rotto i rapporti dopo la guerra della banda larga con Telecom Italia. Il nuovo esecutivo – alle prese con i guai di Mps e delle banche – non ha tempo (e convenienza politica) per alzare le barricate in difesa delle tv del leader del centrodestra. I titoli Mediaset sono crollati dai 3,89 euro di inizio anno ai 2,23 di fine novembre. Lui ha deciso così di alzare il tiro puntando al bersaglio grosso. Anche perchè la partita per il futuro delle tlc e dei media – come dimostrano il riassetto dell’impero Murdoch e le
avances
di Orange su Canal Plus – ha trasformato la guerra legale su Premium in una battaglia di retroguardia.
Cosa succederà ora? L’acquisto del 3,1% di Mediaset, come insegna la storia di Bollorè, è solo l’antipasto. Vivendi ha già detto di voler salire al 10-20% del capitale. È la stessa strategia che il bretone ha usato per conquistare Havas, Telecom Italia (di cui oggi è il primo socio), Gameloft e Ubisoft. Il colosso francese ha i soldi da spendere. Inutile pagare milioni ai legali per dirimere il contenzioso sulla pay-tv, meglio giocare al rialzo puntando sul cuore dell’impero di Arcore. Obiettivo: creare quel «polo dei media e contenuti dell’Europa meridionale» in cui potrebbero confluire le televisioni dell’ex-Cav, la controllata Canal Plus, Telecom Italia e magari pure Orange. In vista forse di un asse mondiale con Telefonica o Sky.
Scalare Mediaset, naturalmente, non è una passeggiata. Fininvest ha il 34,7% del capitale e può rastrellare in Borsa un altro 5% senza obbligo d’Opa. Il Biscione ha in cassa liquidità e dopo la vendita del Milan e – se la Bce la costringesse – del 20% di Mediolanum, avrebbe i mezzi per lanciare a sua volta un’offerta su Canale 5 & C., anche se un’operazione di questo genere rischierebbe di far saltare i fragili equilibri della famiglia Berlusconi.
Il fattore tempo gioca però in favore di Vivendi. Se i francesi arriveranno al 20% di Mediaset – molti a Piazza Affari pensano si siano già avvicinati comprando opzioni – avranno davanti due strade: o lanciare un’Opa (Mediaset capitalizza oggi 3,2 miliardi), oppure, è l’ipotesi più accreditata, tirare i remi in barca ed aspettare gli eventi. Il cerino, a quel punto, sarebbe nelle mani di Fininvest. Nessun partner strategico del settore media o tlc – sono convinti a Parigi – sarebbe pronto a fare intese con un Biscione “commissariato” nell’azionariato da un colosso come Vivendi. Ogni assemblea Mediaset rischierebbe di diventare un calvario visto che i grandi fondi – arma che il bretone ha sempre usato con disinvoltura – potrebbero far pendere l’ago della bilancia verso Parigi. E anche se il rinnovo del cda è previsto solo nel 2018, non è escluso che qualcuno possa forzare la mano per cambiarlo in anticipo.
Il dado, insomma, è tratto. Bollorè, dopo aver cercato a lungo il dialogo con Roma (senza successo) nella partita Telecom, ha deciso di mollare il fioretto e impugnare la scimitarra. E gli effetti collaterali rischiano di tracimare ben oltre Mediaset. Berlusconi e il bretone convivono nell’azionariato di Mediobanca. Il francese è azionista strategico di Generali, altra preda su cui Parigi – asso pigliatutto nei saldi dell’Italia Spa – ha messo gli occhi da tempo. E i destini delle tv dell’ex-Cav, potrebbero intrecciarsi di nuovo come in un déjà vu con quelli di Telecom Italia. Con Parigi, a quel punto, a scrivere il copione delle nozze.