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 2016  dicembre 13 Martedì calendario

Libri, editori e mercato. La sfida necessaria

«È meglio vendere i libri che si fanno che fare i libri che si vendono». Non tutti i suoi colleghi, probabilmente, saranno d’accordo con l’epigrafe che Cesare De Michelis ha messo in esergo a Editori vicini e lontani, libro appena uscito per il minuscolo e prezioso editore triestino Italo Svevo: una folta e utile galleria di ritratti di editori, da Salani a Wagenbach, preceduta e seguita da alcune acute considerazioni sul presente e sul futuro. Che cosa vorrà dire De Michelis, il fondatore di Marsilio, con quella sua massima? È una questione di intenzioni: il vendere i libri che si fanno pone il successo commerciale come un (auspicabile) effetto secondario; viceversa il fare i libri che si vendono pone il successo come un imperativo. Si sa che questa seconda via, ampiamente diffusa, crea spesso enormi danni (anche economici), perché niente è meno pianificabile del successo di un libro, per cui pensare di fare libri che si vendano a colpo sicuro rischia di essere un progetto fallimentare. Scrive De Michelis: c’era un tempo l’editoria di cultura, che «sacrificò qualsiasi regola di mercato al primato della propaganda». Secondo De Michelis, l’editoria di cultura Anni 60 e 70 era essenzialmente ideologica. Il che pare alquanto esagerato: ogni buona iniziativa editoriale finisce per essere un intreccio di cultura e politica. E oltre all’Einaudi e alla Feltrinelli, editori progettuali erano anche Garzanti e Bompiani e Adelphi e il Saggiatore e la stessa Marsilio e… e… e…. «Dacché il Muro è crollato, di linea non si parla più, ma l’editoria di progetto è il bimbo che rischia di essere gettato insieme all’acqua sporca: ci si piega al mercato con la stessa predisposizione servile, la stessa obbedienza, la stessa cieca fiducia con cui ci si sottometteva al primato dell’ideologia». Persino di più, a dire il vero, anche se c’è chi rimane fedele a se stesso e con notevoli risultati. L’obbedienza ai numeri ha annientato, alla lunga, ogni criterio di qualità (si spiega così il declino della critica): e così dopo questo «sconquasso» (aggravato dalla Rete) si imporrebbe, anche per gli editori, «una stagione di operosa riedificazione di quel sistema di valori che possa diventare fondamento di una cultura e di una civiltà solide ed equilibrate...» (De Michelis dixit). Una sfida da far tremare le vene e i polsi. Anzi la Sfida: provare a distinguere tra ciò che è destinato a passare e ciò che è necessario che resista e duri.