Corriere della Sera, 10 dicembre 2016
Un intervento fino a 7 miliardi. Duello con la Ue
Molti nella Banca centrale europea avevano smesso di crederci. L’idea che il mercato dei capitali potesse ancora fornire una soluzione per i problemi del Montedei Paschi di Siena è apparsa sempre meno plausibile a gran parte dei dirigenti nella struttura che da Francoforte vigila direttamente su tuttigli istituti principali dell’area euro.
La scelta di ieri di non concedere a Siena neanche tre settimane in più – se confermata malgrado lo sconcertante silenzio della Banca centrale europea – nasce da qui. Nasce però anche dal deterioramento ormai evidente nei rapporti fra le autorità italiane e quest’organo di vigilanza guidato dalla francese Danièle Nouy.
Le prime accusano la seconda di applicare una pressione indiscriminata sul sistema bancario, senza dosaggi né senso della misura, al punto da contribuire alla paralisi del credito in Italia. La presidente del Consiglio unico di vigilanza della Bce sostiene che le autorità italiane avrebbero cercato di sminuire i problemi delle banche, riluttanti a spingere verso la ristrutturazione del settore. Da Roma si replica che per farlo con l’intervento pubblico necessario, le regole europee impongono di falcidiare il risparmio privato in modo socialmente e politicamente destabilizzante. Francoforte controbatte che ogni settimana persa alza il costo di ogni salvataggio e di ogni ristrutturazione futura.
È in questo labirinto di incomprensioni che ieri è andato in scena l’episodio più spiazzante dell’intera saga. Un’indiscrezione di Reuters a metà giornata fa sapere che la vigilanza europea ha respinto la richiesta di Mps di avere venti giorni in più di tempo per trovare una soluzione di mercato ad un aumento di capitale da 5 miliardi di euro. L’idea di Siena è aspettare qualche giorno per lasciare che passi la crisi di governo. Ma nel vertice della vigilanza della Bce, palesemente, una maggioranza non ci crede più: secondo Reuters nega il rinvio, di fatto invitando implicitamente il governo a lanciare un intervento pubblico per Siena in tempi brevissimi. La notizia in poche ore fa crollare il titolo di Siena del 15,3%, a fine giornata Intesa Sanpaolo perde il 2,36% e Unicredit il 2,5%, mentre i titoli di Stato italiani a dieci anni cadono e il loro rendimento sale dello 0,14%.
Nel frattempo, stranamente, nessuno dalla Bce conferma né smentisce. Nessuno spiega se una decisione sia già stata presa o no, anche se nel frattempo la fuga di notizie ha l’effetto di una detonazione capace di bruciare miliardi di valore sul mercato di un Paese europeo già in piena crisi di governo. Nessuno da Francoforte risponde ai telefoni, quasi che l’Italia fosse un’entità ostile. Solo in tarda serata dal Monte dei Paschi si fa sapere che a Siena non sarebbe stata comunicata dalla Bce nessuna decisione.
Sono tutti indizi che i rapporti fra autorità italiane e Danièle Nouy sono ormai profondamente tesi. Sono anche indizi che gli ingranaggi dell’Unione bancaria non funzionano come dovrebbero, ma la sostanza non cambia: oggi al mondo non esistono investitori davvero disposti a credere nel rilancio di Mps sul mercato; entro pochissimi giorni, ma probabilmente ad opera nel prossimo governo, andrà varato un decreto che mobilita fra 5 e 7 miliardi di euro per occuparsi di diversi aspetti del salvataggio di Monte dei Paschi.
Secondo vari osservatori, il provvedimento porrà una garanzia pubblica all’aumento di capitale da 5 miliardi. L’intervento imporrà a chi detiene obbligazioni “subordinate” di Mps (le più a rischio) di convertirle in azioni a condizioni draconiane, ma il decreto conterrà compensazioni complete alle famiglie risparmiatrici, esposte per circa due miliardi, purché si stabilisca che quei titoli sono stati venduti loro dalla banca in modo abusivo.
Infine il governo dovrà anche finanziare la separazione dal bilancio di Mps di tutti i prestiti in default, ma soprattutto dovrà prendere un impegno: rivendere la banca sul mercato appena possibile. Per legge europea, questa non potrà essere una nazionalizzazione in stile Anni 30 destinata a durare per il resto del secolo.
Resta fuori solo un dettaglio, fra i molti: Mps non è sola. Con ogni probabilità verso fine mese la Banca centrale europea farà sapere che Veneto Banca e Popolare di Vicenza sono di nuovo gravemente a corto di capitale. Per loro si avvicina in primavera una saga simile a quella vissuta dal Monte dei Paschi quest’autunno.