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 2016  dicembre 10 Sabato calendario

La trappola del campo rom di via Salviati. «Rapinano chi esce dall’ufficio stranieri»

L’allarme. Questione annosa e sempre più scottante, quella del campi rom (attrezzati e non) della Capitale. Ma c’è un lato della città, più precisamente tra la Collatina e la Prenestina, dove la concentrazione di insediamenti e centri per immigrati «è una vera polveriera». «Una piaga nel tessuto sociale priva di controllo», tuonano gli abitanti di Tor Sapienza che ieri, dopo il ritrovamento del corpo della studentessa cinese Zhang Yao scomparsa lunedì fuori dall’ufficio immigrazione, hanno manifestato tutta la loro rabbia. «Basta farsi un giro per rendersi conto della situazione – ripetono – É così da anni». Tra Tor Sapienza e Tor Cervara nell’arco di nemmeno cinque chilometri ci sono quattro strutture per immigrati e un grosso campo nomadi: il centro immigrazione della polizia e tre strutture che ospitano rifugiati. Una parola però unisce tutte queste realtà: esasperazione. E sì perché non solo i residenti non ne possono più di dover combattere contro tutto quello che ruota attorno al degrado e alla sensazione di abbandono da parte delle istituzioni, anche i rom lamentano: fogne a cielo aperto, container arrugginiti, blocchi di cemento ovunque.
I controlli. La polizia ha passato al setaccio negli ultimi due giorni gli insediamenti della zona, compreso il campo rom tollerato di via Salviati (praticamente attaccato all’ufficio immigrazione). La comunità cinese ha denunciato più volte aggressioni e rapine ai danni di connazionali che si erano recati a Tor Cervara per sbrigare le pratiche sul soggiorno. «Molti nemmeno denunciano. Questo luogo è un inferno e fuori non ci sono controlli», si sfogano. Ieri la brutta notizia: il corpo senza vita di Zhang Yao era proprio lì a due passi, in un cespuglio accanto ai binari. La ventenne è stata investita da un treno mentre rincorreva chi l’aveva derubata della borsa: ora è caccia ai ladri. Da tempo il Viminale sta lavorando a una riorganizzazione delle aree considerate più a rischio per evitare concentrazioni pericolose. Ma c’è chi punta il dito verso l’Amministrazione: «Di segnalazioni ne abbiamo fatte tante – denunciano – Ma non è mai arrivata nessuna risposta».
La fotografia. Nel 2013 il Comune ha speso oltre 24 milioni di euro per gestire 13 insediamenti, tra i cosiddetti «villaggi attrezzati» e i «centri di raccolta Rom», e per sgomberarli dagli insediamenti irregolari. Risultato? La situazione è fuori controllo. Una fotografia, quella degli accampamenti abusivi, che risulta negli ultimi mesi sempre più mossa, perché ci sono oltre duecento micro e medi insediamenti che appaiono e scompaiono continuamente nel cuore e nella periferia della città. Qualche numero per rendere l’idea: prima dell’estate sul territorio romano risultavano 8.400 nomadi; di cui 5.970 censiti con nome e cognome, nei campi (più o meno) controllati dal Campidoglio; e molti altri sparpagliati qua e la. Oggi due, tre mila anonimi sono sparsi in accampamenti spontanei. Ma quello che affligge gli abitanti sono «quelle maledette nuvole di fumo denso che avvolgono ogni giorno le nostre case». L’area è irrespirabile. E non sono fuochi fatui, ma copertoni e rifiuti che bruciano. «Gli incendi provengono da via di Salone e via Salviati – è il grido d’allarme dei residenti – Stanno inquinando l’aria». E sì perché il fuoco mangia tutto, dai cavi di rame agli elettrodomestici, dagli indumenti impregnati di sostanze chimiche alle carcasse di automobili abbandonate. «Nessuno alza un dito contro questa situazione». Ma come è possibile? Eppure non siamo nella cosiddetta «terra dei fuochi» ma l’area che si respira è la stessa: velenosa.