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 2016  dicembre 11 Domenica calendario

Petrolio, stretta sulla produzione. Meno benzina nel futuro dell’auto

Per buona parte del ‘900 è stata quello che il pane era nei secoli precedenti: un bene essenziale, irrinunciabile, vitale, il cui prezzo e la cui disponibilità, se non scatenavano rivoluzioni, potevano però decidere la sorte dei governi. Ma il tempo della benzina sembra avvicinarsi alla fine. La motorizzazione di massa in Cina, in India, nei paesi emergenti non basta. Secondo la Iea – l’agenzia che, per conto dei paesi industrializzati dell’Ocse segue l’energia – è iniziato il countdown: già nel 2020, il mondo chiederà meno benzina che nel 2015 e il declino si prolunga fino e oltre il 2040. “La vendetta della Tesla” hanno subito commentato alcuni esperti americani. In realtà, non è così. Un milione circa di auto elettriche in circolazione – Tesla, ma anche Toyota, Nissan, Bmw, Mercedes – anche se il loro numero aumenta rapidamente non riuscirebbe oggi a intaccare un moloch dei consumi come la benzina. Il mondo ne chiede meno per le auto, perché i motori delle auto ne consumano sempre meno: dal 1980 ad oggi, spiegano gli esperti di una grande società di consulenza come la McKinsey, i motori hanno aumentato del 20% la loro efficienza. E, nei prossimi anni, l’accresceranno ancora di un altro 40%. Significa che, se adesso andate a fare il pieno una volta ogni cinque giorni, in futuro gli stessi litri vi porteranno in giro per più di otto. Nel 2040 ci saranno il doppio delle auto, ma consumeranno meno benzina di oggi.
L’idea che siamo oltre il picco nel consumo di benzina e che le pompe funzioneranno sempre meno è già un terremoto, ma è solo l’inizio. Se, oggi, la leva del calo dei consumi è l’efficienza, domani sarà l’auto elettrica. La Iea ne prevede 150 milioni su strada nel 2040, circa il 7-8%. L’Opec, il cartello dei produttori di petrolio, stima che non più del 6% delle auto, alla stessa data, marcerà senza petrolio. Il capofila di Big Oil, la Exxon, si spinge non più in là del 10 per cento. Ma sono molti a giudicare queste stime troppo prudenti, incapaci di tenere conto della capacità della tecnologia di far saltare il tavolo. Laszlo Varro, che della Iea è il capo economista, osserva che l’auto elettrica «è più o meno dove l’energia solare stava dieci anni fa». «E il solare oggi è un business multimiliardario con un impatto significativo». Se la tecnologia centra l’obiettivo di una batteria che costi 100 dollari per ogni kilowattora (meno della metà del costo attuale) un’auto elettrica avrà un prezzo equivalente ad una macchina tradizionale. Gli esperti di Bloomberg New Finance collocano l’obiettivo non più in là del 2022, fra cinque anni. McKinsey scommette che, nel 2030, metà delle macchine vendute negli Usa, in Europa e in Cina sarà elettrico.
L’impatto va, comunque, molto al di là della benzina e delle auto e investe quell’enorme complesso economico che è il mondo del petrolio. Abituato a ragionare in termini di domanda crescente e di investimenti sull’arco di decenni, Big Oil si trova improvvisamente di fronte alla prospettiva di un drastico ridimensionamento. L’accordo di Parigi e l’impegno all’austerità energetica per restare dentro i limiti di 2 gradi di riscaldamento globale i petrolieri erano riusciti a tenerli ancora sullo sfondo, una minaccia, nei fatti, lontana, ancora di più nell’era Trump. Ma l’ombra di “peak oil” è molto più vicina. Dieci anni fa, peak oil significava l’esaurimento delle risorse petrolifere. La realtà (con la tecnologia del fracking) l’ha cancellata. Il picco della domanda, tuttavia, è un’altra storia. L’accordo raggiunto a Vienna dall’Opec serve a contenere la produzione, per riequilibrarla rispetto ad una domanda asfittica. Da ieri, anche Russia, Messico, Kazakhstan e altri produttori non Opec sono diventati ufficialmente alleati del cartello, almeno sulla carta, nell’impegno a frenare il numero di barili che arriva sul mercato. Che succede, però, se la domanda resta asfittica?
Un barile di greggio su quattro, oggi, finisce in benzina. Il picco, appena raggiunto, nella domanda di benzina, anticipa il picco nella domanda complessiva di petrolio? La Iea, che ha diagnosticato il calo della benzina, sostiene di no. Fino al 2040 il consumo di petrolio continuerà a crescere, perché il calo della benzina sarà compensato dalla crescita dei consumi di carburante per il trasporto pesante, per gli aerei e per l’industria della plastica. Più o meno sulla stessa linea gli sceicchi dell’Opec e petrolieri come la Exxon e la Bp. Ma si moltiplicano le voci che indicano il contrario e danno per imminente il momento in cui la domanda complessiva di greggio comincerà a calare. Efficienza, car sharing, macchine senza guidatore, auto elettriche si combinano, secondo un rapporto del World Energy Council perchè già dieci anni prima, dal 2030, la domanda di greggio cominci a calare. Nei paesi ricchi dell’Ocse, dagli Usa all’Europa, questo è vero già oggi. Secondo la China National Petroleum Corporation, sarà vero in Cina dal 2030. Possono bastare l’India e il resto del mondo emergente a ribaltare la tendenza? Uno studio McKinsey fissa al 2025 – plastica esclusa – il picco della domanda. Il giudizio più asciutto e più gravido di conseguenze è quello di chi deve decidere oggi investimenti e gestione del patrimonio che poi si realizzeranno nell’arco di 20-30 anni. È quello di Simon Henry, il capo della finanza di un gigante del petrolio, come la Shell: la domanda di greggio, dice, comincerà a calare nell’arco di 5-15 anni. Domani, o, al più tardi, dopodomani.