Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  dicembre 11 Domenica calendario

Venezuela. Giocattoli requisiti (è Natale)

Anche i giocattoli di Babbo Natale, in Venezuela, diventano un affare di Stato. O meglio, una pedina da giocare con astuzia sullo scacchiere della guerra politica (ed economica) in corso tra il presidente Nicolás Maduro e l’opposizione maggioritaria in Parlamento. L’ultima mossa, vincente, viene a sorpresa proprio dal governo post chavista e dalle istituzioni a lui fedeli: l’agenzia nazionale per la protezione dei consumatori, Sundde, ha fatto sequestrare quasi quattro milioni di giocattoli e arrestare due manager dell’azienda distributrice con l’accusa di accaparramento e boicottaggio. E non finisce qui. Vestendo i panni di un novello Robin Hood socialista, «Babbo Natale» Maduro ha ordinato di redistribuire i beni confiscati: trenini e bambole, macchinine e piccoli chimici saranno rivenduti a prezzo low cost alle famiglie povere.
L’accusa è verosimile. In un Paese con l’inflazione alle stelle, i supermercati vuoti, una carenza ormai cronica di qualsiasi bene non di prima necessità, dilaga da tempo un mercato parallelo dove i prodotti si trovano, ma a prezzi lievitati. C’è chi fa incetta di farmaci per poi rivenderli al doppio e chi si fa spedire dall’estero cosmetici francesi che in Venezuela valgono quanto uno stipendio. La speculazione ai danni dei bambini, però, risulta particolarmente odiosa: un bersaglio perfetto per un presidente in crisi di popolarità e incapace di risollevare le sorti dell’economia, devastata dal crollo del prezzo del petrolio e dalla cattiva gestione.
La società Kreisel, secondo i funzionari di Sundde, avrebbe importato i giocattoli tra il 2008 e il 2014, pagandoli in dollari al prezzo preferenziale contrattato dal governo, poi li avrebbe chiusi nei magazzini per poi rivenderli con un margine addirittura superiore al 50.000 per cento. «I nostri bambini sono sacri, non vi lasceremo rubare loro il Natale», si legge in un tweet con foto e video di migliaia di giocattoli. Il funzionario William Contreras ha poi annunciato che i beni confiscati saranno gestiti dai Comitati locali responsabili dei buoni pasto per i poveri «in modo che tutti i bambini e le bambine del Venezuela abbiano il loro Bambin Gesù» (è lui che qui porta i doni, e non Babbo Natale, ndr).
Una legge del 2013 permette al governo di fissare i prezzi, in particolare per beni di prima necessità come farina, carne e pane, e imporre limiti ai margini di guadagno per i commercianti, normalmente fissati al 30%. Guarda caso la scorsa settimana il governo ha ordinato ai commercianti di ridurre i prezzi proprio del 30 per cento per una serie di beni. Una decisione che viene incontro alle necessità di gran parte dei venezuelani ma che, secondo i diretti interessati, rischia di portare alla bancarotta migliaia di negozi piccoli e medi, già assediati da una crisi economica e monetaria di cui non s’intravede la fine.
Per contrastare l’inflazione a tre cifre, da giovedì prossimo la Banca nazionale metterà in circolazione sei nuovi tagli di banconote (prodotte dalla statunitense Crane Currency), con un valore compreso tra i 500 e i 20.000 bolivar. Attualmente, la banconota più grossa è di 100 «bolivar fuerte» (nessuna ironia), che al cambio ufficiale vale 0,15 dollari e a quello reale del mercato nero circa due centesimi di dollaro. Cosa si compra con 100 bolivar? A malapena una sigaretta sfusa o un caffè per strada.
Settimana scorsa il Venezuela è stato sospeso a tempo indeterminato dal Mercosur, il mercato unico dell’America Latina, per «inadempienze su accordi economici, diritti umani e immigrazione», e le prospettive per l’anno nuovo, se Babbo Natale non regala un miracolo, sono tutt’altro che rosee: secondo le stime del Fondo monetario internazionale, nel 2017 l’inflazione arriverà al 2.000 per cento.